Eusebio Di Francesco, ex tecnico giallorosso, è intervenuto a margine della presentazione del libro del suo procuratore Pietro Chiodi ‘dalla curva Sud al Paradiso’. Ecco le sue parole:
La scelta della difesa a 3 contro il Barcellona:
“Fu una scelta legata a un’intuizione che tante volta abbiamo come quando abbiamo degli incidenti di percorso. Credo che al di là del cambio di gioco da parte del mister, quando i calciatori credono in quello che proponi puoi dirgli anche di mettersi a 10 in difesa e ti seguiranno. Credo che fosse arrivato, in quel momento, nella mia scelta, il fatto che fossero legati, l’attenzione che avevano in quello che io proponevo, nonostante la brutta sconfitta, a livello numerico, non come prestazione che facemmo a Barcellona. Fummo bravi e fortunati nella partita giusta”.
Sull’addio alla Roma:
“In quel periodo lì sapevo che la società stava sentendo un altro allenatore, anche prima della partita contro il Porto, perché ero un po’ arrivato sotto il punto di vista psicologico per alcune situazioni interne dello spogliatoio, per colpa mia, non do la responsabilità ad altri, e questo mi ha portato a spingere questa situazioni, perché non avevano una classifica disperata, magari sarei andato via ugualmente con una qualificazione col Porto in Champions. Ci sono dei momenti della carriera che le cose non ti riescono o che non riesci a gestire come vorresti. Se tornassi indietro non lo rifarei mai, però l’ho fatto e guardo avanti”.
Succede di disinamorarsi del calcio lavorando dall’interno?
“Da calciatore e da allenatore no, mi sono sempre innamorato della Roma, anzi è una passione grandissima. Rispetto alle due ho sentito di più quella da allenatore, perché ero anche più maturo e consapevole. Mi sentivo proprio responsabile, romanista, sentivo quel senso di appartenenza che ogni tanto manca. Da Team Manager un po’ sì, perché quando non ti senti parte di un qualcosa lì fai un po’ fatica”.
Cosa manca ancora a Zaniolo?
“Nicolò ha grandi potenzialità, a volte è rimasto quello che era prima. Deve essere più lucido, nelle gare, nelle scelte finali. Dovrebbe, a volte, usare più il fioretto rispetto alla sua grande prepotenza fisica sempre, lo fa, ma lo potrebbe fare con più continuità, perché ha i mezzi per poterlo fare”.
Cosa pensa del percorso della Roma di Mourinho? Anche lei aveva avuto dei trascorsi con Karsdorp.
“Chiariamo questa cosa: non ho avuto una discussione feroce col ragazzo, feci una scelta tecnica per dargli un segnale. L’ho fatto anche con altri calciatori, lo lasciai in tribuna per fargli capire che doveva lavorare in modo diverso. Karsdorp è un ragazzo come tanti altri, non poosso entrare nella situazione con Mourinho. È un bravo ragazzo, magari ha alternato ottime partite ad altre meno buone. Con me ha avuto un infortunio, negli ultimi anni è cresciuto tantissimo. Penso che la Roma l’anno scorso stesse meno bene in classifica, ha alternato buone partite ad altre meno buone, manca in qualità di manovra e non può fare a meno di Dybala, che non può fare tutte le partite”.
È nella posizione che merita?
“Sì, credo che abbia i punti che merita. Ognuno porta a casa quello che dimostra in campo, c’è una sosta lunga e a oggi la Roma merita quello che ha”.
Su Pellegrini.
“Ha acquisito una grande personalità e un grande senso di appartenenza, essendo anche il Capitano. Battere i rigori a fine partita non è mai facile, si sbagliano. È un giocatore che è cresciuto tantissimo. A volte ha qualche problemino fisico. A volte vi lamentate del turnover, non tutti i calciatori possono avere lo stesso rendimento giocando tre gare alla settimana. Cambiare è inevitabile, è meglio perderlo per mezza partita o una, che tre partite”.
Cosa non rifarebbe della sua esperienza alla Roma?
“Il secondo anno mi sono trovato ad avere un mercato non all’altezza, mi aspettavo delle scelte diverse da chi dirigeva la parte sportiva in relazione ai giocatori di cui avevo realmente bisogno per portare avanti il 4-3-3 del primo anno, che ho dimostrato di poter modificare. Per caratteristiche dei giocatori il secondo anno potevamo fare meglio. Ho forzato il fatto di voler andar via dopo la partita contro il Porto, non lo rifarei visto anche le esperienze successive non fortunate, dove ho commesso degli errori. Lo dice anche il libro, nella vita ci sono incidenti di percorso”.