IL TEMPO (A. AUSTINI) – «Sì, sono ancora disgustato». A caldo, dopo aver visto dall’America un’altra prestazione imbarazzante della sua Roma, James Pallotta ribadisce il sentimento di fastidio che aveva già provato mentre la squadra affondava a Bologna. «E la rosa più forte da quando ci sono io» diceva orgoglioso quest’estate, convinto che Monchi avesse costruito una corazzata e che Di Francesco potesse lavorare sulla base dello scorso anno. E invece rieccoci qui, a commentare l’ennesima «sparizione» improvvisa e ingiustificata della Roma, uno stop che cancella la miniserie di quattro vittorie di fila e fa riemergere tutti i limiti e le paure dei giallorossi.
Dopo Bologna fu ordinato il ritiro, stavolta non succede nulla. La squadra si allena stamattina e inizierà a pensare alla gara decisiva di martedì col Cska Mosca in Champions. Ovviamente ci sarà ancora Di Francesco al suo posto, «un vantaggio rigiocare subito» dice il tecnico. A Trigoria ieri sera, almeno ufficialmente, l’ipotesi di esonero non era neppure presa in considerazione. Ma nei giomi precedenti a Roma-Frosinone qualche pensiero c’è stato, su input proprio di Pallotta mentre Monchi tende a difendere la posizione di Di Francesco, convinto che i problemi siano altri. E poi, pur volendo cambiare, chi prendere? Il sogno di Pallotta (e non solo) è Antonio Conte, ma conoscendolo sembra quasi impossibile convincerlo ad accettare una situazione del genere. Gli altri nomi sul mercato, da Paulo Sousa a Montella, hanno le sembianze del ripiego.
E allora avanti con Di Francesco, almeno per le prossime due partite con Cska e Napoli, sperando in una reazione. L’abruzzese al momento sembra aver perso la capacità di trasmettere sicurezze al gruppo. E lui stesso fatica a mantenere la calma. «Nel primo tempo racconta dopo il ko con la Spal avevamo in mano la partita, ero contento, a noi mancava solo la determinazione nel calciare in porta mentre loro prima del rigore non lo hanno mai fatto. Nella ripresa siamo stati troppo frenetici, ero avvelenato perché continuavamo ad andare per vie centrali. Questa cosa mi fa letteralmente incazzare, la Spal in dieci si è stretta e per noi era impossibile entrare così. Troppi moduli usati? Non sai nemmeno quello che stai dicendo – risponde seccato l’allenatore a un cronista – queste sono cavolate. La squadra deve avere la capacità e la forza di reagire, invece alle prime difficoltà non riusciamo a dare il meglio di noi. E una squadra del nostro livello non può permetterselo».
La solita testa, insomma. «Quando si preparano le partite non si può sbagliare niente, anche il giorno prima, sono un po’arrabbiato perché voglio maggior attenzione e applicazione da parte di tutti». Un particolare che probabilmente non conta nulla ma merita di essere raccontato: il pullman della squadra è arrivato dopo le 13.30 allo stadio. Normale così a ridosso della gara? Chiusura con stoccatina a Dzeko. «Sembrava scarico? Chiedetelo a lui. Ha avuto delle occasioni importanti che non ha sfruttato». Inizia a diventare un problema.