Paulo Dybala ha avuto un rapporto unico e simbiotico con i tifosi della Juventus, che lo hanno amato e trattato come un idolo, altalenante e a tratti conflittuale con la società, che non gli ha mai riconosciuto quella centralità che il giocatore pensava di meritare. 7 anni colmi di esultanze, notti magiche e trofei, ma anche di delusioni, stop, cadute e ripartenze: 5 scudetti, 4 Coppe Italia e 3 Supercoppe italiane, 115 gol (decimo nella classifica marcatori all time della Juventus), la maglia numero 10 ereditata dall’amico Pogba. Il primo gol Dybala lo segnò alla Lazio nel debutto in Supercoppa, il primo in Serie A invece alla Roma.
Come scrive la Gazzetta dello Sport, i dolori iniziarono invece quando arrivò Maurizio Sarri, forse il tecnico che lo ha apprezzato di più. Paulo anticipò il rientro dalle ferie post Coppa America ma trovò un cartello vendesi sul suo armadietto: lo voleva il Manchester United, la Juventus aveva già fatto lo scambio con Romelu Lukaku. Rimase diversi giorni chiuso in casa, scoppiando anche in lacrime di fronte ai tecnici che erano andati a fargli registrare un video d’addio, e alla fine disse no.
Il gran rifiuto fu la prima vera crepa nel suo rapporto con il club bianconero. Qualcuno sostiene che la pietra tombale sul rinnovo venne messa dopo l’esultanza polemica con sguardo dritto in tribuna («Cercavo un amico», disse poi la Joya) arrivata dopo il gol segnato all’Udinese, in realtà la decisione era già stata presa: quando la Juve ha capito di poter acquistare Vlahovic a gennaio ha deciso di rimangiarsi l’accordo da dieci milioni. Il resto è storia nota: il club lo ha lasciato andare a zero senza fare un’offerta, neppure al ribasso, probabilmente per paura che il giocatore potesse poi accettarla. Paulo ha sofferto, perché si vedeva oramai a Torino a vita.