E anche Lucho disse: “Non sono Harry Potter”

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Foto KeyPressMedia

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CORRIERE DELLO SPORT (R. MAIDA) – Luis Enrique era ancora un grande cal­ciatore del Barcellona quando la scrit­trice inglese J.K. Rowling inventò il perso­naggio che le avrebbe cambiato la vita e sarebbe stato citato con frequenza nel mondo del calcio: Harry Potter, il giova­nissimo mago protagonista di una saga co­minciata nel 1997.
In undici anni, fino al 2008, i suoi sette libri hanno venduto 480 milioni di copie e sono stati tradotti in 64 lingue. Inoltre, tutti i capitoli della serie sono diventati altrettanti film l’ultimo dei quali, diretto da David Yates, Harry Potter e i doni della morte, è uscito nelle sale ita­liane a metà luglio. Anche nel cinema il successo è stato sconvolgente, avendo su­perato per incassi i ventidue film di James Bond e i sei di Guerre Stellari, imponendo­si come la serie più vista della storia.

LUIS E MOU –Prima di Luis Enrique, il pic­colo mago era stato chiamato in causa da Josè Mourinho. Due volte: all’Inter nell’estate 2009, quella che ha preceduto il triplete, a proposito di un mercato insuffi­ciente (non sarà che Luis Enrique ha capi­to che parlare di Harry Potter porta be­ne?). E si è ripetuto in una delle prime in­terviste da allenatore del Real Madrid, do­po il debutto difficile nella Liga: 0-0 a Ma­iorca.  «Sono appena arrivato– disse –so­no un allenatore, non Harry Potter. La magia nel calcio non esiste».

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