CORRIERE DELLO SPORT – R. MAIDA – Esce Destro, entra Perrotta. Esce Osvaldo, entra Tachtsidis. Roba da perdere l’orientamento, da crisi d’identità: era Zeman? Sì, era proprio lui. E proprio a Pescara, la città che lo adora e lo rimpiange, ha ridisegnato la Roma in base alle esigenze del momento e di un avversario che abbaiava senza mordere. Nel finale, ha proposto un 4-3-3 molto teorico che si allungava in 4-5-1. Con Perrotta esterno destro, Marquinho esterno sinistro e un’immensa densità centrale: Pjanic, Tachtsidis e Bradley. Una novità assoluta, conservativa eppure rivoluzionaria se applicata da un allenatore come Zdenek Zeman. (…)
IL CAPITANO – Negli ultimi minuti, l’unico riferimento davanti è stato Totti che si è messo a fare il giochino dei tempi di Capello, Spalletti, Ranieri. Per tenere la palla lontano da Goicoechea, che non era stato tanto rassicurante, si è messo a fare il ballerino sulle bandierine dei calci d’angolo, incassando calci e scaricando il cronometro di Gervasoni. (…)
AGGIUSTAMENTI – Non è la prima volta, in verità, che Zeman modifica il suo sistema di gioco in base alle situazioni. (…)Ma ci sono state altre situazioni in cui Zeman ha corretto l’equilibrio tattico: contro il Torino, ad esempio, aveva piazzato Bradley quasi sulla linea dei difensori per contrastare il 4-2-4 di Ventura. E in alcune occasioni si è concesso il lusso di schierare un centrocampista tra gli attaccanti esterni: nella prima giornata (Roma-Catania 2-2) inserì Marquinho nella posizione di punta destra; altre volte è capitato a Pjanic di avanzare di qualche metro. Ma mai si era vista una Roma con cinque centrocampisti tutti insieme. E’ il segno dei tempi che cambiano, è la prova che Zeman è disposto a correggersi. Non è la Roma di Zeman? Pazienza. E’ una Roma solida che improvvisamente non prende gol. E che vince le partite, anche grazie a Zeman. Il progresso c’è.