Era vero che l’Huracan sconfitto solo all’ultima partita del torneo Clausura 2009 giocava un calcio offensivo di qualità estrema. In panchina sedeva Angel Cappa, ex vice di Jorge Valdano al Real Madrid, che a dispetto del nome da agente della Cia era un autentico terzomondista del futbol: puntò su tre giovani quell’anno, il già sperimentato Mario Bolatti – visto poi alla Fiorentina – e gli imberbi Matias De Federico e Javier Pastore, un ventenne arrivato da Cordoba per incantare Buenos Aires. Roba da matti, quel mezzo campionato del Flaco: talento cristallino da enganche, il ruolo iconico del calcio argentino, il gancio che unisce centrocampo e attacco, praticamente il nostro trequartista. L’Huracan ha vinto un titolo solo, nel lontano ‘73, quando in panchina c’era Menotti e in campo brillavano stelle da calcio d’essai come Brindisi e il “loco” Houseman.
Il Flaco patisce i primi tempi, perché fra Clausura in patria e precampionato in Italia non c’è stacco, e Walter Zenga lo schiera a sinistra. Come scrive la Gazzetta dello Sport, Javier ce la mette tutta, ma deve attendere l’avvento di Delio Rossi per ritrovare posizione e convinzione. Quell’anno il Palermo arriva quinto, ma nel segmento di Rossi (dalla 14esima) è addirittura terzo, due punti soli dietro all’Inter del triplete. E com’era già successo all’Huracan, di quel Palermo fresco e ruggente Pastore è il leader tecnico. L’anno dopo guida il Palermo a una secca vittoria in casa Juve, 3-1 con primo gol suo, seguito da un gran palo e dal tiro che, ribattuto da Storari, innesca il 2-0 di Ilicic.
L’inevitabile giochino dei paragoni transita per Zidane prima di fermarsi sulla casella – più adatta – di Kakà. Ma è bellissima, per chi se l’è goduta dal vivo nel ritiro di Pretoria, la meraviglia con la quale il c.t. Diego Maradona segue i progressi di Pastore durante la spedizione mondiale del 2010, il fallimento più catastrofico, spettacolare e coinvolgente cui abbia mai assistito. L’Argentina è un caravanserraglio con un cast degno del Titanic, e dopo essersi guadagnato in extremis un posto fra i 23 Pastore lascia intuire di poter essere la salvezza di una Seleccion incapace di attivare Messi. Tradito dalla senescenza di Veron, Maradona non ha il coraggio di puntare forte su di lui: lo schiera per spezzoni di gara.
A Parigi incanta per un po’, vince scudetti a pacchi, ma alla fragilità fisica che è sempre stata il suo punto debole aggiunge una debolezza caratteriale che lo frega. Gli sceicchi continuano a comprare stelle, da Ibra a Cavani, da Neymar a Mbappé e lui, anziché difendere il posto sotto i riflettori, si adegua rimpicciolendo il suo ruolo fino alla panchina fissa. La Roma lo ripesca dopo un tentativo fallito dall’Inter, ma anche qui la combinazione degli eventi gli gioca contro: Di Francesco deve adattarlo al suo sistema di gioco e non è automatico, un ragazzo italiano di valore – Pellegrini – pesca più o meno nello stesso stagno, e i soliti infortuni gli fanno perdere la precedenza. Pare finita, e dunque eravamo tutti pazzi a vedere cascate di talento lì dove c’era soltanto una certa predisposizione. Si parla apertamente di un ritorno in Argentina, triste, solitario y final, quando… A volte il destino si ricorda di restituire, e chi ha patito mille infortuni ottiene una chance estrema grazie ai malanni altrui. Il Flaco ha 30 anni, e da due settimane ha ripreso a diffondere il suo calcio celestiale