IL TEMPO (A. AUSTINI) – «Roma-Genoa, domenica 28 maggio 2017, l’ultima volta in cui potrò indossare la maglia della Roma. È impossibile esprimere in poche parole tutto quello che questi colori hanno rappresentato, rappresentano e rappresenteranno per me. Sempre. Sento solo che il mio amore per il calcio non passa: è una passione, la mia passione. È talmente profonda che non posso pensare di smettere di alimentarla. Mai. Da lunedì sono pronto a ripartire. Sono pronto per una nuova sfida». Con questo post su Facebook, pubblicato giovedì scorso alle 13.15, Totti ha rimescolato le carte di un futuro che sembrava scritto. Ha un contratto di 6 anni per fare il dirigente ma quel ruolo ancora non lo stimola a sufficienza. E non è bastato l’invito di Monchi «a starmi vicino per insegnarmi cos’è la Roma» per motivare un uomo che ha ancora voglia di restare nell’unico posto in cui si sente davvero a suo agio: il campo. Quindi oggi pomeriggio si chiuderà un capitolo lungo 25 anni, ma non è detto che sia l’ultimo. Il capitano giallorosso si è messo di fatto sul mercato e nelle prossime settimane conta di ricevere delle proposte concrete per poi valutare il da farsi. Dove può andare a giocare, eventualmente? Di sicuro non in Italia, questa è l’unica scelta su cui non è intenzionato a tornare indietro. Perché affrontare la Roma da avversario sarebbe un dolore troppo grande. Difficile immaginarlo in Europa nei campionati più competitivi, un’opportunità che si scontra con la carta d’identità. Ma c’è un mondo intero al di fuori disposto a prolungare le carriere dei grandi campioni. Stati Uniti, Canada, Cina, Emirati Arabi. In questi tornei tante stelle sono andate a spendere gli ultimi attimi di carriera. Nella Major League americana, ad esempio, si è passati dall’arrivo a Los Angeles di Beckham, fino ad accogliere i vari Kaka, Nesta, Henry, Gerrard, Lampard e Pirlo.
In questa lista c’è l’ex laziale, da sempre amico di Totti nonostante la rivalità cittadina: Nesta lo ha invitato a raggiungerlo a Miami, ma finora non si è andati oltre qualche chiacchierata. La globalizzazione calcistica lascia aperte numerose possibilità, interessanti a livello economico, ma decisamente meno attraenti dal punto divi sta ambientale e della competitività. Del Piero ha scelto prima l’Australia e poi l’India, meta di arrivo anche di Trezeguet. Poi c’è la Cina, la nuova oasi dorata del pallone. Cartellini strapagati oltre ogni logica di mercato e ricchi ingaggi destinati ai giocatori che devono promuovere, su input governativo, il calcio nel Paese con gli occhi a mandorla. I campioni del mondo Lippi e Cannavaro, entrambi legatissimi al capitano romanista con cui hanno vinto un Mondiale, si sono sistemati in panchina. Gervinho, Oscar, Jackson Martinez, Hulk, Witsel, Lavezzi, tanto per citarne alcuni, hanno seguito le prime stelle milionarie sbarcate in Cina, come un Carlos Tevez ormai a fine carriera. Di 41enni non c’è traccia, ma Totti può essere un’eccezione. Da non scartare neppure gli Emirati Arabi, lì dove grazie ai petrol dollari gli emiri si divertono a mettere nel loro «giardino» campioni al tramonto e non solo. Ad esempio i soldi degli sceicchi hanno convinto in un batter d’occhio Mirko Vucinic, dal 2014 attaccante dell’ Al-Jazira di Abu Dhabi. In Europa soltanto dalla Turchia è spuntata un’offerta: il presidente dell’Antalyaspor ha già dichiarato di essere pronto a fare follie pur di arrivare a Totti. Ma non è ancora detto che Francesco decida di continuare. La Roma gli offre la prospettiva di entrare pian piano nei quadri tecnici, lui vorrebbe subito un ruolo operativo. Al di fuori di Trigoria da non scartare le opportunità in Figc o, addirittura, alla Fifa. Il nome di Totti vale più delle competenze. Ma finora è solo aria fritta.