Dopo due giorni dal dramma sfiorato a Copenaghen, sembrano migliorare le condizioni di Christian Eriksen che è ancora in ospedale per accertamenti ma ha inviato tramite il suo procuratore rassicurazioni sul suo stato di salute. Nel frattempo ha parlato del malore del centrocampista dell’Inter il medico della nazionale danese – Martin Boesen – che in conferenza stampa ha confermato la gravità dei momenti vissuti nel tentativo di rianimare Eriksen: “Christian se n’era andato, era praticamente morto. Era in arresto cardiaco. Non so come abbiamo fatto a rimetterlo al mondo, è accaduto tutto in maniera veloce. Io non sono un cardiologo, non posso scendere nei dettagli, per quello ci sono gli specialisti, esperti della materia”.
Intanto l’ex capitano del Manchester United e della Danimarca Peter Schmeichel, padre di Kasper attuale numero uno della nazionale danese, ha spiegato che i giocatori danesi non volevano ricominciare la partita di Euro 2020 contro la Finlandia dopo quanto avvenuto a Christian Eriksen, ma che l’Uefa li ha messi in una condizione difficile: “Ieri ho visto una citazione ufficiale della UEFA che diceva che stavano seguendo il consiglio del giocatore, che i giocatori hanno insistito per giocare, ma so che non è la verità. Anzi, è un modo di vedere la verità”, ha spiegato a a Good Morning Britain su ITV – “Erano infatti state date tre opzioni: una era quella di giocare subito e far giocare gli ultimi 50 minuti, la seconda era giocare il giorno successivo alle 12 e la terza opzione era quella di dare forfait, con un 3-0 a tavolino. Era quindi il desiderio dei calciatori giocare? Avevano davvero scelta? Non credo che l’avessero. Anche l’allenatore si è seriamente pentito di aver rimesso in campo i giocatori”.
“Penso abbiamo sbagliato a mettere i nostri calciatori di fronte alla possibilità di proseguire la partita o di fermarsi definitivamente. Erano in condizioni di forte stress, non erano a conoscenza delle condizioni del compagno – ha detto, in conferenza stampa, Kasper Hjulmand, ct della Danimarca. -. Ho la sensazione che non avremmo dovuto giocare, ma lo penso adesso. Era difficile prendere una decisione in quel momento. Christian ha detto che non ricorda molto, era preoccupato lui per noi e per la sua famiglia. Nelle parole che ci ha detto è emersa tutta la sua generosità e tutta la sua grandezza come persona. E’ lui che ci ha chiesto di tornare a giocare”.