Pierfrancesco Favino, stimatissimo attore e dichiarato tifoso sfegatato della Roma, ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport. Le sue parole sulla squadra giallorossa:
In Serie A quali sono i giocatori di maggiore talento?
«Alcuni stanno venendo fuori adesso, come Leao, che secondo me ha un futuro da grande campione. Io poi sono malato di Roma e continuo a pensare che Zaniolo possa diventare davvero forte. Anche Abraham ha talento, ma noi abbiamo un po’ di problemi con l’attesa… Ci sono squadre che hanno nel dna la capacità di costruire piano piano, come l’Atalanta o il Sassuolo, e altre a cui viene subito richiesto il “performare”».
Mourinho però ha sempre detto che a questa Roma sarebbe servito tempo.
«È vero, ma su Mourinho devo essere onesto: fino a 3-4 partite fa non avevo ancora visto nulla, non capivo nemmeno a quale gioco puntassimo. Ultimamente almeno è venuto fuori il carattere, ma non ha ancora un’identità. E poi è sempre più complicato segnare, anche se le squadre di Mou raramente sono state belle da vedere, a partire dall’Inter. Io aspetto, perché “la Roma non si discute si ama” e noi l’amiamo».
Favino non giriamoci intorno, oggi c’è il derby.
«Non mi fate dire niente, non posso, perché poi mi accollano tutto…».
Almeno ci racconti quello che le è rimasto nel cuore.
«Il 5-1 con i quattro gol di Montella e il cucchiaio di Totti. Quella non si dimentica. Ma devo confessarvi una cosa: molto spesso ho avuto i biglietti per il derby e non ci sono andato. È proprio una questione di extrasistole. Non sarò nemmeno a quello di oggi, ma non per paura, è che è più forte di me. Io ho fatto trasferte ovunque, ma su questa partita ho un problema, cardiaco. Quando dico che è una malattia non scherzo».
Siamo incuriositi dalle sue «trasferte ovunque».
«Beh, da ragazzino andavo anche a Vicenza, a Napoli, insomma in tutti posti ritenuti pericolosi per le tifoserie avversarie, ultimamente sono stato ad Anfield per la semifinale di Champions. In mezzo c’è stato di tutto. Mio padre era juventino e io per ribellione a un certo punto scelsi la Roma. Lui fece il grande gesto di regalarmi l’abbonamento in curva, ero piccolo, 12 anni, e andavo allo stadio da solo… Stavo in mezzo ai Cucs che mi avevano preso sotto la loro ala. Da lì sono stato in curva per tanti anni».
La miglior Roma che ricorda?
«La più bella da vedere è stata quella di Spalletti, purtroppo lo devo dire… Quella di cui mi sono innamorato è stata la Roma di Liedholm, poi ho avuto la passione per quella di Eriksson, anche se dopo Roma-Lecce mi mandarono via dallo stadio quelli delle pulizie perché non riuscivo a muovermi. Stavo lì con il mio amico Fausto con cui, per farvi capire il livello di malattia, l’estate andavo in campeggio a Riscone di Brunico per seguire il ritiro».
Come vede la corsa scudetto?
«È un campionato aperto. Io ho una simpatia per Stefano Pioli e una certa ammirazione per il Milan, ma mi piacerebbe se il Sud si prendesse qualche soddisfazione. Al contempo ammetto di essere una vedova di Dzeko, guardo l’Inter solo per vederlo giocare e mi piacerebbe tanto riaverlo alla Roma, da dirigente: è stato l’ultimo grande calciatore che abbiamo avuto, è di un altro livello, bisogna essere onesti».
Si parla spesso di un altro illustre ritorno…
«Ovviamente sarei felice di rivedere Totti: è il simbolo per eccellenza, un pezzo della nostra storia che nessuno avrebbe voluto veder finire».