CORRIERE DELLO SPORT – A. GHIACCI/A.POLVEROSI/A.RIALTI – Trapianto riuscito. Perfettamente riuscito. Un dirigente, un allenatore, un regista e un numero 10. Solo il primo è arrivato a Firenze direttamente da Roma, gli altri tre dopo una serie di passaggi intermedi. Il quartetto giallorosso ha trovato in viola altri due ex giocatori della Roma, Luca Toni e Cristiano Lupatelli. Il settimo ex, Daniele Russo, fa parte dello staff tecnico, ha lavorato con Montella nella capitale e la coppia s’è trasferita intatta a Firenze. Daniele Pradé è romano ed era il direttore sportivo della Roma fino all’arrivo degli americani. Ha un bel fiuto per gli allenatori: a Roma ha portato Luciano Spalletti, a Firenze ha puntato su Vincenzo Montella. (…) Montella ha fatto di più, come giallorosso. E’ stato a Roma due volte come giocatore e in due ruoli come allenatore, mancando per poco il terzo passaggio da tecnico. Giocatore/1: dal ‘99 al 2007, 180 partite, 83 gol, con uno scudetto e una Supercoppa Italia. Giocatore/2: 2008-09, 12 presenze, poi l’addio alla carriera per iniziarne una nuova. Allenatore/1: per una stagione e mezzo, dal 2009 al febbraio del 2011, è il responsabile della squadra Giovanissimi. Allenatore/2: da febbraio a maggio 2011 fa un salto triplo in prima squadra dove prende il posto di Ranieri, conclude con il 6° posto. Poi va a Catania e alla fine della stagione si riavvicina alla Roma. De Rossi, tanto per fare un esempio, si dice entusiasta del suo eventuale ritorno. Invece, eccolo a Firenze, per la fortuna dei viola. Pizarro è l’ex che si è lasciato peggio. Con Ranieri era stata rottura, con Montella era andata meglio, tant’è vero che ha accettato la Fiorentina perché conosceva, e bene, sia Pradè che il tecnico. (…) L’altro romano romanista è Alberto Aquilani. Nel 2009 venne ceduto al Liverpool per alleggerire il bilancio della famiglia Sensi e dopo Juve e Milan è arrivato a Firenze dove ha preso il posto di Montolivo. Luca Toni, stufo del Bayern Monaco e soprattutto di Van Gaal, è stato 6 mesi in prestito a Roma, dal gennaio al giugno 2010, 15 partite, 5 gol. Cristiano Lupatelli è quello che ha giocato di meno a Roma, ma insieme a Montella ha vinto lo scudetto del 2001. Adesso ci riprovano tutti insieme a Firenze.
PIZARRO FIORENTINA All’inizio dell’estate lo aveva chiamato Spalletti, voleva portarlo a San Pietroburgo. Intorno a Pizarro avrebbe fatto girare lo Zenit. Ma la Russia è troppo lontana. Meglio Firenze, con Pradè e Montella. Pizarro è arrivato a Campo di Marte, si è guardato intorno e ha preso in mano la situazione. Ci ha messo un attimo. Il gruppo era tutto nuovo, senza uno come il cileno avrebbe faticato a trasformarsi in squadra. Ha giocato 12 partite su 15 e l’aspetto più incredibile, che ha fatto arrabbiare anche Montella (con gli arbitri), è la doppia assenza per squalifica: in 12 gare, Pizarro è stato ammonito 9 volte, ma in tutto ha commesso 12 falli, compreso il tocco della palla con la mano che gli è costato l’ultimo giallo con la Samp. Solo con l’Inter a Milano è stato un po’ sottotono (5,5 il voto del nostro giornale, unica insufficienza finora), ha giocato alcune partite da vero protagonista, come col Catania, la Juve, il Cagliari e il Milan. E’ in mezzo alla squadra, dentro la squadra, è il giocatore da cui passano i comandi di Montella, il possesso palla inizia da lui e da Borja Valero. C’è un solo problema: nella Fiorentina non esiste una riserva di Pizarro.
PIZARRO ROMA Scaricato. La Roma ha provato a liberarsi di Pizarro per almeno un paio d’anni. Eppure il regista cileno aveva dato tanto alla causa giallorossa. Nelle stagioni trascorse sotto la guida tecnica di Luciano Spalletti, al fianco di De Rossi, Pizarro è stato il fulcro del 4-2-3-1 che aveva stupito tutta Europa. A Trigoria Pizarro era arrivato proprio per volere di Spalletti. Il totale in maglia giallorossa parla di 209 presenze e 16 gol in quasi sei stagioni. (…) Con Ranieri in panchina, la Roma nel mezzo della stagione 2010-2011 ha dovuto rinunciare a Pizarro che dopo Natale non voleva rientrare dal Cile, prima di lamentare infortuni che non permettevano una gestione normale del giocatore. Appena arrivato Montella sulla panchina giallorossa tutti i guai di Pizarro sono scomparsi come per magia. Poi, con il cambio e il passaggio a Luis Enrique, sono arrivati prima il prestito al Manchester City e poi la risoluzione del contratto. Accettata solo quando si è presentata l’ipotesi Fiorentina. Il pensiero dei tifosi giallorossi? Al di là di tutto Pizarro era forte davvero.
TONI FIORENTINA Luca Toni è arrivato negli ultimi scampoli del mercato. Per desiderio di Andrea Della Valle che voleva dare una mano a un ragazzo segnato dalla perdita di un figlio che stava per nascere e pieno di voglia di rimettersi in discussione. Il tutto fra lo scetticismo di critica e tifo che si aspettavano molto di più per il post-Berbatov. Luca però è tornato pieno di voglia e di rabbia, solo un paio di chili oltre il peso forma e si è messo immediatamente a lavorare sodo, sorprendendo lo stesso Montella. (…) Gara dopo gara è diventato un inamovibile anche perchè grazie a lui Montella poteva alternare il gioco e usare anche la profondità offerta da Luca. Non solo, Toni è diventato un punto di riferimento anche dentro lo spogliatoio che ha imparato dal vecchio guerriero lo spirito di squadra e di sacrificio. Ha saltato la gara con la Samp a seguito della commozione cerebrale subìta durante la gara con il Torino ma domenica tornerà al centro della linea d’attacco.
TONI ROMA Nel 2009 la Roma di Claudio Ranieri aveva dato segnali di grande ripresa, sulle orme di quanto fatto da Spalletti che però aveva perso il controllo della squadra. Mancava un attaccante, un centravanti in grado di trasformare in gol ciò che Totti e compagni erano ancora in grado di costruire. Nel mercato invernale, a gennaio 2010, la Roma prese in prestito gratuito dal Bayern Monaco Luca Toni, che nella Capitale, dopo i trascorsi alla Lodigiani, era soprannominato “Toni e furmini”. Il tentativo, anche se solo per sei mesi, diede i suoi frutti: con Toni finalizzatore la Roma sfiorò lo scudetto, vinto poi dall’Inter per soli due punti di differenza. Il centravanti giocò in giallorosso 17 partite tra campionato e coppa Italia: i gol segnati furono 5. Ma Toni aveva acceso e come la fantasia dei tifosi della Roma, che avevano visto il sogno del quarto tricolore avvicinarsi prima di svanire a pochi metri dall’arrivo. Segnò il gol vittoria nello scontro diretto all’Olimpico contro l’Inter: Toni, anche per via del suo buon carattere, era entrato nelle simpatie dell’ambiente romanista ma l’estate seguente non fu riscattato.
AQUILANI FIORENTINA Prima partita del campionato, Aquilani comincia dalla panchina perché deve ancora risolvere i postumi di un infortunio. Entra a 12 minuti dalla fine al posto di Romulo, Fiorentina-Udinese è ancora sull’1-1. (…) Come in Brasile si cerca ancora il nuovo Pelé, a Firenze si cerca sempre il nuovo Antognoni e quel lancio ce l’ha fatto ricordare. Aquilani ha sulle spalle la maglia numero 10 e certe suggestioni (se restano suggestioni) si possono anche cullare. Del resto è abituato a giocare fra eredità pesanti: a Roma, quando era un ragazzino, per molti era il nuovo Giannini. A Firenze ha strabiliato con 3 gol e 3 assist in 8 presenze per un totale di 266 minuti. Poiché va considerato, per la Fiorentina, come il sostituto di Montolivo, il confronto è tutto a favore dell’ex Liverpool: in quelle 8 presenze (5 da sostituto) ha segnato solo un gol in meno dell’ex viola nell’ultimo campionato intero e già uno in più del Montolivo 2009-10 e 2010-11.
AQUILANI ROMA Era il fiore all’occhiello del vivaio giallorosso. Quando era negli Allievi, insieme a Daniele De Rossi, Alberto aquiliani sembrava destinato a diventare uno dei punti cardine della Roma del futuro Dopo una stagione in prestito alla Triestina, nel 2004, a vent’anni, Aquilani tornò a Trigoria. Cinque stagioni passate tra alti e bassi, in cui gli alti lasciavano a bocca aperta e i bassi erano dovuti soprattutto a guai fisici che ne hanno poi contrassegnato l’intera carriera. Aquilani in forma era uno spettacolo: se ne accorse Luciano Spalletti, che ne fece uno dei suoi punti fermi degli anni trascorsi alla Roma. Il segno vero, però, non fu mai lasciato. Prima il ginocchio e poi, soprattutto, la caviglia, non permisero ad Aquilani di imporsi in tutto e per tutto con la maglia con la quale era cresciuto e per la quale faceva il tifo: in tutto 149 presenze e 15 gol. Nell’estate del 2009, al termine di un’altra stagione tormentata, la Roma decise di vendere Aquilani per far fronte alle spese di bilancio: 20 milioni di euro più bonus e l’ex gioiello del vivaio finì al Liverpool. Un rimpianto grande, soprattutto per i tifosi. Che in Aquilani vedevano quanto vedono in Totti e De Rossi. un simbolo.
MONTELLA FIORENTINA E’ vero che nel calcio i risultati sono tutto, ma c’è modo e modo di arrivarci. Il modo di Montella è stato innanzitutto rapido e subito dopo spettacolare. Cinque mesi di Firenze e di Fiorentina gli sono bastati per far volare la squadra. Anzi, gliene sono bastati di meno se è vero che già alla prima di campionato con l’Udinese (fine agosto) la Fiorentina aveva già una bella faccia. Montella ha studiato il suo calcio in Spagna e l’ha trapiantato nell’anima di una squadra (e di una città) che non aspettava altro. Ha portato gioco, equilibrio, concretezza, regole. Ha dato una struttura al proprio staff, ha cominciato subito a vincere e a giocare un calcio che da queste parti non si vedeva da tempo. Piace alla squadra e piace alla gente, anche se non è come Terim e Malesani, gli ultimi tecnici da curva, anche se non si è legato alla città come Prandelli. Forse accadrà in futuro, ma per ora è presto per uno che ha un carattere come il suo, sereno, sorridente, ma senza espandersi troppo. (…)
MONTELLA ROMA Un giocatore, un grande giocatore, ancor prima di essere un allenatore. Perché la storia che lega , Montella alla Roma passa inevitabilmente dall’epoca in cui il tecnico di mestiere faceva il centravanti. Il club giallorosso, nell’estate del 1999, mise sul piatto 40 miliardi di lire per prendere quel piccolo attaccante che segnava raffiche di gol. Al presidente Franco Sensi lo segnalò proprio Zeman, che poi però per l’arrivo di Capello non ebbe l’opportunità di allenarlo. Montella ha indossato la maglia giallorossa per 251 volte, segnando 103 gol. In mezzo uno scudetto, una Supercoppa italiana e due prestiti, uno al Fulham e l’altro alla Sampdoria. Per via del suo contratto ancora in essere la Roma decise di puntare poi sul Montella allenatore, che dopo qualche mese alla guida dei Giovanissimi prese il controllo della prima squadra, appena lasciata da Ranieri. Per capire il valore del Montella allenatore basta rileggersi i commenti dei suo vecchi compagni: prima «teniamolo», e poi «riprendiamolo». L’estate scorsa sembrava fatta per il ritorno a Trigoria: l’accordo è saltato sul più bello ed è tornato il tecnico che aveva chiesto Montella, vale a dire Zeman. PRADE’ FIORENTINA Non era facile per Daniele Pradè arrivare a Firenze dove per anni Pantaleo Corvino era stato per tanti se non per tutti “il direttore”. (…) Pradè aveva in testa tre operazioni difficilissime ma che per lui rappresentavano una necessità assoluta: prendere Montella come allenatore e Pizarro e Aquilani per la nervatura della nuova Fiorentina. Missioni compiute. Ha instaurato un buon rapporto con Macià con il quale ha lavorato per prendere prima a zero euro Roncaglia e per meno di un milione El Hamdaoui (operazioni che Corvino aveva iniziato e lui ha chiuso definitivamente), col dirigente spagnolo è partito all’attacco di Borja Valero e di Gonzalo Rodriguez. (…) PRADE’ ROMA Un ottimo dirigente. Daniele Pradè ha mosso i suoi primi passi da direttore sportivo nel bel mezzo della Roma dei sensi, prima come collaboratore di Fabrizio Lucchesi e poi come ombra di Franco Baldini. Nella stagione 2004-2005 però, quando si stava concretizzando l’addio di Baldini, Pradè fu promosso. E in sei anni ha dato tantissimo alla Roma. L’attuale ds della Fiorentina fu l’artefice del ciclo che il club giallorosso ebbe con Luciano Spalletti, tecnico che fu scelto proprio da Pradè. In quegli anni, pur non disponendo di un budget illimitato, Pradè riuscì sempre a creare squadre competitive e a trovare i giusti innesti senza particolari stravolgimenti. Con l’arrivo della nuova proprietà statunitense, però, Pradè pagò la voglia di rottura con il passato e fu sollevato dall’incarico poco più di un anno fa, nell’estate del 2011. (…) Il frutto della sua esperienza romana è anche la bella Fiorentina di oggi, costruita con sapienza pezzo per per pezzo proprio da Daniele Pradè.