NEWS CGR – Pedoni, cavalli, alfieri. Poi le torri, il Re e la Regina. Un’immaginifica scacchiera su un altrettanto virtuale tavolo. Da un lato James Pallotta, dall’altro Dan Friedkin. I due americani stanno giocando, ciascuno con la propria strategia. Nulla di sconvolgente a questi livelli, soprattutto se tra una mossa e l’altra, si scatena una pandemia mondiale. Sul fronte di Houston, il covid, le ulteriori perdite a bilancio, la necessità di valutare l’impatto del lockdown internazionale e della contrazione dei mercati finanziari sulle proprie aziende, ma di base, anche la voglia di valutare ancora l’ingresso (da socio forte) in As Roma. Il Friedkin Group infatti continua ad essere l’interlocutore unico e principale dell’attuale proprietà, per l’eventuale passaggio di mano. Nonostante la banca d’affari Goldman, soprattutto nelle ultime settimane, abbia tentato di rintracciare sul mercato potenziali nuovi investitori, al momento, tranne qualche ‘simpatico avventore’ (alla ricerca di pubblicità gratuita) respinto in maniera secca, nessun gruppo straniero ha mostrato concreto interesse per il dossier giallorosso.
CIFRE E STRATEGIA – Non vi è dubbio che tra il magnate texano e il presidente Pallotta ci siano stati attimi di tensione: quest’ultimo era convinto di aver definito il deal, dopo cinque mesi di lunghe contrattazioni, aggiustamenti, tecnicismi, incontri e valutazioni. Dall’altro lato del tavolo delle trattative, Friedkin ha compreso che era giusto attendere per conoscere nel dettaglio le nuove criticità finanziarie del club e capire se il campionato sarebbe ripreso. In base a quanto appreso da fonti vicine all’affare, la situazione è rimasta cristallizzata a due settimane fa, quando i legali del magnate texano hanno inoltrato a Boston una nuova offerta pari a 370 milioni più 60-80 per il completamento della ricapitalizzazione. Dunque una cifra vicina ai 450 milioni.
Pallotta ha deciso di rifiutare, perchè conscio che il valore complessivo della holding possa tornare a crescere qualora nel frattempo la Roma riuscisse, ad esempio, a centrare sul campo la qualificazione alla prossima Champions League. In mezzo resta sempre in sospeso l’affair stadio a Tor di Valle, vicenda che però rischia di prolungarsi oltre l’estate, considerando che la Roma non potrà di fatto posare la prima pietra prima della primavera 2021, anche se ottenesse entro l’estate il primo via libera dalla Giunta Raggi. Da lunedì poi scatterà virtualmente il calciomercato e Petrachi avrà il compito di ridurre drasticamente gli enormi costi (monte ingaggi e ammortamenti) che attanagliano i conti del club. Il presidente giallorosso, che deve tenere conto anche della pressione interna al consorzio da parte di molti soci che vorrebbero un’uscita di scena immediata dal business capitolino, fa filtrare da tempo una nuova valutazione del club: 550 milioni, compreso l’indebitamento salito a quota 280 milioni. Dunque non trova riscontro quanto emerso questa mattina sulle pagine di Milano Finanza, relativamente ad un ulteriore rilancio vicino ai 580 milioni. A margine di questa articolata e complessa partita a scacchi, c’è però una certezza evidente alla lettura del bilancio, che sarà ribadita in occasione del prossimo CdA, indetto per fine giungo: entro il 31 dicembre, il club avrà bisogno di una nuova iniezione di liquidità tra i 60 e gli 80 milioni di euro, fondamentale per la gestione corrente. Cifra che Pallotta e soci dovranno assicurare se non consegneranno prima la Roma al leader Toyota in USA, chiavi in mano…