GAZZETTA DELLO SPORT – A. PUGLIESE – Ci sono allenatori che sanno dire tante cose senza in realtà dire niente. È una dote, una qualità, che provano ad insegnarti a Coverciano come a Clairefontaine. E poi è una questione di allenamento, anche quella. E di lavoro. Ecco, forse la filosofia di Rudi Garcia nasce anche da questo, lui che ieri nella sua prima conferenza italiana è stato bravo a respingere ogni insidia: su De Rossi, su Osvaldo, sul malessere dei tifosi e sugli obiettivi. «Lavoreremo duro» è il suo verbo, al quale però ha associato più di una volta quel «dateci il tempo di farlo» che, purtroppo per lui, stona. A Roma, dopo due anni così, i risultati la gente i risultati li vuole subito, già da Riscone. E questo è il vero nemico del sergente di Nemours: il tempo, la necessità di affogare il dolore. «Le mie squadre sono dei diesel, partono lente, ma poi accelerano». Speriamo che a Roma gli diano il tempo per spingere sul gas.
DANI & DANIELE Garcia ieri ha passato molto tempo con il d.s. Sabatini (che in serata è poi volato a Milano per risolvere le comproprietà), per studiare il ritiro (sarà circa 12 giorni, partenza tra il 10 ed il 12 luglio, due amichevoli invece di tre), la tournée americana (dieci giorni tra Kansas City, Toronto e forse Washington) e lo staff tecnico (Andreazzoli farà il tattico, oltre a Bompard e Ficheux dalla Francia potrebbe arrivare il preparatore atletico Dupont, Muzzi guiderà gli Allievi Nazionali). E poi il mercato, a cominciare dalle posizioni a rischio di Osvaldo e De Rossi. «Su entrambi dobbiamo parlarne con Sabatini». Già, ma intanto Daniele ha dato evidenti segni di insofferenza. «È un giocatore della Nazionale, voglio conoscerlo. Se è un regista o no? Datemi il tempo di farlo tornare, può giocare in diversi modi. Il campo ci dirà poi la verità».
SMS & ALLEATILui, intanto, la sua di verità se la sta costruendo così, con un sms personalizzato mandato ad ogni giocatore: «Ciao, sono Rudi Garcia, il tuo nuovo allenatore. Non vedo l’ora di conoscerti. Lavoreremo duro per vincere». Scritto rigorosamente in italiano, come in italiano vuole che gli si parli sempre. Il primo a rispondergli? Totti, neanche a dirlo. «Lui avrà un ruolo fondamentale, dentro e fuori il campo». Già, perché Garcia nel suo modo di lavorare cerca alleati e Francesco sarà il primo della lista. «Io do molta importanza alla squadra, ci vogliono giocatori di talento e per fortuna li abbiamo. Il portiere? Per una grande squadra ci vuole un portiere molto forte. Con Sabatini ne stiamo cercando uno efficace». Tradotto, niente Rafael, che Sabatini aveva già in mano. Garcia vuole esperienza, il portiere è il barometro della difesa. «Perché la mia filosofia resta la stessa, le partite si vincono segnando un gol più dell’avversario, ma per vincere i titoli la fase difensiva è fondamentale».
NIENTE PAURA Tra le tante cose non dette, su una Garcia (che stamattina ritorna a Lilla, dove domani saluterà tutti in una conferenza stampa) è stato chiarissimo: «Sono un tipo ambizioso, non ho paura di niente. Sono qui per vincere». Anche se la Roma, prima di lui, aveva scelto altri allenatori come Mazzarri e Allegri. «Non è importante essere una prima scelta, ma essere l’allenatore di una squadra. Ed imporsi con essa». Per farlo, però, Rudi dovrà scoprire tutti i mali di Trigoria, a cominciare da quel «dolore della sconfitta» richiamato tante volte anche da Andreazzoli (e non solo). «Le regole ci saranno, come in tutte le cose. Io sarò la guida e i metodi di lavoro saranno duri, per me questa è una cosa normale. Ma del passato, in generale, non m’interessa niente, per me conta il presente. L’obiettivo è tornare in Europa, se poi sarà Champions ancora meglio. La Roma è un club che deve vincere, ma per riuscirci ci vorrà tempo. L’abbiamo visto altrove, anche in club con risorse importanti come Chelsea e Manchester City. Acquisti? Saranno tutti concordati con me, non arriverà nessuno senza il mio assenso». Per i più giovani, Garcia ha chiesto anche un corso di comunicazione, perché è anche ora che i calciatori sappiano comunicare. Cose che insegnano a Coverciano come a Clairefontaine. Perché le parole sono importanti, anche per riuscire a non dire nulla.