IL ROMANISTA – Una carriera da giocatore divisa praticamente tra Udinese e Roma (cinque anni in Friuli e sei nella Capitale, prima delle due stagioni con cui ha chiuso a Bologna, ndr). E poi, quella da dirigente, ancora a Udine, come responsabile del mercato, e a Siena, come direttore sportivo.
Oggi è fermo, ma in attesa di ripartire. Lui è Manuel Gerolin, un doppio ex, guardando al confronto che attende sabato sera la squadra di Montella. «E’ indubbiamente la partita che tutti aspettano – dice l’ex centrocampista. – Perché la Roma non può perdere, e la stessa Udinese, dopo la sconfitta di Lecce, deve riscattarsi. Adesso la danno tutti per un po’ stanca, ma io credo che si sia trattato solo di un episodio. E aggiungo che la Roma, per passare al “Friuli”, dovrà veramente fare una partita di altissimo rendimento, perché l’Udinese, in questo momento, è una squadra che fa paura. Gioca a calcio ed è molto cresciuta, sia sotto l’aspetto tecnico che mentale. Ad esser sincero, dopo aver visto la Roma contro la Juve, un po’ provata a livello fisico nel secondo tempo, ammetto che tra le due vedo più favorita la squadra di casa».
Da esperto di mercato, che soprattutto a Udine ha lavorato andando a scovare giocatori che hanno poi fatto la fortuna della società friulana, ritiene che anche la Roma debba operare così?
A prescindere dalla Roma, io penso che tutte le società di calcio, a cominciare proprio dalle più grandi, avrebbero l’obbligo di muoversi in questo modo e di sapere, quindi, cosa offre il mercato. L’Udinese, dopotutto, non fa altro che andare a vedere giocatori in giro per il mondo, contando su una rete di osservatori. Poi, le strategie societarie fanno sì che non si acquisti solamente il giovane, ma ciò di cui ha bisogno in quel momento la squadra. Insomma, un giusto mix, nei vari ruoli, tra elementi giovani ed altri più esperti. Certo. Si può scegliere di prendere Buffon, ma sapendo che ci sono in giro almeno altri quindici buoni portieri. L’ha dimostrato il Milan – seppure arrivando dopo, perché i rossoneri prendono in genere il campione già fatto – andando su Pato e Thiago Silva: un ’89 e un ’88, che poi, accanto ad altri campioni, sono ulteriormente cresciuti. Lo stesso vale per altre squadre. Dalla Fiorentina al Palermo, che con Cavani e Pastore ha fatto altrettanto bene. Perché quando peschi tra i nazionali under 20, vai quasi sempre su giocatori dal futuro sicuro. L’importante è precorrere i tempi. Ma se non giri e non vedi, non puoi sapere.
È questo il primo consiglio che darebbe alla “nuova” Roma?
Io credo che la Roma, tutto questo, ce l’abbia già bene in testa. Conosciamo il mercato che, per motivi economici, ha dovuto fare in questi anni. I dirigenti attuali sono stati molto bravi. Non hanno avuto la possibilità di ringiovanire la squadra, ma i risultati sono venuti comunque. E oggi sta forse pagando tutto questo. Ma c’è sempre tempo, anche se è un lavoro che dovranno iniziare a svolgere. Non dimenticherei il settore giovanile, che continua ad essere interessante. Penso a Bertolacci, che immagino rientrerà a Trigoria.
Lei viene da alcuni viaggi in Argentina e Brasile. Quali sono i nomi che si sentirebbe di segnalare?
In questi giorni si parla molto di Lamela, il trequartista del River Plate… E’ logico che l’Argentina, così come tutto il Sudamerica, faccia giocare i propri giovani, mettendoli in vetrina. È per questo che, giocando titolari per due o tre anni, vengono poi qua dimostrando anche più maturità dei nostri. I vari Lamela, Lanzini o Pereira sono tutti giocatori di sicuro avvenire. Lamela, soprattutto: è un ’92, fisicamente forte, con un gran sinistro… Certo, se uno pensa di prendere oggi un Messi, fa meglio a scordarselo. Ma può certamente prendere un giocatore che, se inserito in un buon contesto, può crescere bene. La verità è che oggi, a differenza di un tempo, c’è una grandissima concorrenza. Direi spietata. Ci sono almeno dieci squadre, a livello internazionale, che operano sul mercato a certi livelli. Da quelle inglesi a quelle spagnole. Ma anche in Germania o in Russia. E’ per questo che si dovrebbe sapere chi seguire, per arrivare un attimo prima delle altre. Perché oggi puoi anche prendere Lamela, ma devi spendere 20 milioni… E allora, mi sembra un po’ stupido. Vale lo stesso discorso: per pensarci prima, devi anche sapere prima. Sennò, ti affidi alle solite cassette, che equivale a buttar via i soldi. Chi l’ha detto che non vi siano altri Lamela in giro? Se non giri, però, non lo sai.
Da uno a dieci, quanto le piacerebbe tornare a Roma?
(sorride) «È normale che lavorare in una società come questa sarebbe interessante per qualsiasi dirigente. Ma la Roma deve prima definire le proprie questioni, legate al passaggio della proprietà, e solo poi, con l’ufficialità della nuova presidenza, mettere mano all’organigramma. Al momento mi sembra irrispettoso che vengano fuori dei nomi, soprattutto nei confronti di chi, come Pradè, Bruno Conti o lo stesso Montella, sta operando ed ha operato bene in questi anni. Perché la Roma ha mostrato un grandissimo calcio, arrivando sempre nelle prime posizioni. E penso che sia poco corretto avanzare ipotesi di qualsiasi genere. Per la dirigenza come per la panchina.
Che ricordo ha di questa città?
Roma è una piazza dove mi sono trovato non bene: benissimo. Dove ho fatto delle buonissime annate e sono cresciuto molto, non solo come giocatore ma anche come uomo. Ce l’ho quindi sempre nel cuore. Ma Roma, lo sappiamo, è così: ti prende e non ti lascia più.