Gli arbitri contro la Var e i politici contro gli arbitri

Gli arbitri contro la Var e i politici contro gli arbitri

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IL MESSAGGERO (G. TEOTINO) – A questo punto è il caso di parlare di autentica crisi di rigetto. Il sistema immunitario degli arbitri ha incominciato ad attaccare il corpo estraneo trapiantato nel loro apparato decisionale: il Var. Non lo riconoscono come organo proprio. Dopo due anni di difficile coabitazione, adesso sembra stiano cercando di espellerlo. Un rifiuto progressivo e preoccupante. Anche abbastanza inspiegabile, considerata l’utilità dello strumento, adatto non soltanto a evitare palesi ingiustizie, ma pure a facilitare i complessi compiti di una categoria che potrebbe di diritto essere inserita fra quelle esposte a lavori usuranti. E invece no: anziché essere considerato un prezioso supporto, il Var viene sempre più percepito dagli arbitri come mezzo di sottrazione indebita della loro autonomia discrezionale.

IL NODO – Complessa psicologia quella dei direttori di gara. Senza entrare nel merito degli episodi che hanno scatenato le polemiche del mercoledì sera, giuste o sbagliate che fossero le decisioni finali, ciò che accomuna i comportamenti dei fischietti contestati Giacomelli a Napoli, Irrati a Udine, lo stesso Giua a Torino è il loro pervicace rifiuto ad andare davanti al monitor a rivedere le azioni di complessa interpretazione. Questione di buonsenso, non di protocollo.

ANCELOTTI SQUALIFICATO – Avrebbero potuto a ragion veduta confermare le loro scelte, o magari cambiarle, senza timore di essere criticati e, paradosso nel paradosso, avrebbero persino dato maggiore continuità al gioco. Si perde molto più tempo infatti per gli interminabili e misteriosi conciliaboli segreti fra arbitro e assistenti e per le proteste di giocatori e panchine, di quanto se ne perderebbe con una rapida corsetta per andare a verificare di persona le immagini.
Il combinato disposto della mancata assegnazione del rigore richiesto dal Napoli, dell’espulsione di Ancelotti (che si è beccato ieri una giornata di squalifica dal giudice sportivo), dell’esplosione anti casta arbitrale di De Laurentiis, del severo cartellino rosso al genoano Cassata allo Juventus Stadium e del rigore concesso a Cristiano Ronaldo ha riportato la discussione sull’antico binario dei favori alla Juve, fornendo lo spunto a un consistente gruppo di parlamentari tifosi del Napoli per presentare nientemeno che un’interrogazione parlamentare al ministro dello Sport Vincenzo Spadafora. Primi firmatari: Gaetano Quagliariello (presidente del Napoli Club Parlamento) al Senato e Paolo Russo alla Camera, entrambi di Forza Italia. Ma l’iniziativa è bipartisan, avendo ricevuto l’adesione anche di membri del Pd come Gianni Pittella che strilla sui social «Non privateci della passione per lo sport». Una banalizzazione del male.

ERRORI INACCETTABILI- Il fatto è che la possibilità, offerta proprio dall’introduzione del Var, di correggere gli errori, rende oggi gli eventuali svarioni arbitrali molto meno accettabili, specie laddove resti il dubbio che non sia fatto quel che si poteva per evitarli. Poi è ovvio che le dinamiche proprie del calcio offriranno sempre delle situazioni ambigue, delle decisioni al limite, non sbrogliabili neppure dalle moviole tecnologicamente più perfette. Ma gli arbitri se ne debbono fare una ragione, non sono infallibili, una verifica in più non può scalfire il loro ego. Altrimenti, se continueranno così, l’inserimento fra le regole di ingaggio della possibilità di chiamata al video da parte di allenatori o capitani diventerà non più un’ipotesi da vagliare, ma una conseguenza inevitabile dei loro comportamenti omissivi.

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