LA REPUBBLICA – E. CURRO’ – Allo stanco rituale dell’indignazione per la chiamatain Nazionale di un nuovo italo-sudamericano ha ovviamente provveduto la Lega Nord. «La convocazione di Osvaldo certifica il fallimento definitivo della politica della Figc. Il progetto di Prandelli sui giovani talenti si sta trasformando in una pensione per oriundi», ha cercato la battuta il deputato Cavallotto. In realtà il venticinquenne attaccante italo argentino della Roma, sposato con una ragazza di Firenze di nome Elena e padre della piccola Victoria, non scandalizza più nessuno. Oltre ad avere regolarissimo passaporto italiano, ingrossa una lista ormai consistente, nella quale lo precedono gli italo-brasiliani Amauri e Thiago Motta e l’omologo Ledesma, che è della Patagonia, mentre lui è di Buenos Aires.
Durante il suo felice soggiorno a Barcellona, da punta dell’Espanyol (20 gol in 44 partite), raccontò spesso il suo sogno. «Giocare nell’Italia, quella vera. Per ora l’ho fatto nell’Under 21 ed è stata una cosa fantastica». Ciò non toglie che il costoso Osvaldo — Luis Enrique l’ha voluto alla Roma, che per il suo cartellino ha pagato 15 milioni, più 3 di bonus — debba adesso dimostrarsi all’altezza della scelta di Prandelli. L’occasione non sembra fugace: l’attuale moria degli attaccanti lascia infatti pensare che possa esordire almeno per uno spezzone già domani a Belgrado e giocare più a lungo martedì a Pescara con l’Irlanda del Nord. La convocazione è arrivata soprattutto per esclusione, grazie agli infortuni di Pazzini, Balotelli e Gilardino, agli acciacchi di Rossi e all’impossibilità di rispolverare, almeno in questa fase lontana dall’Europeo, i veterani Totti, Del Piero e Di Natale. Avendo fama di combattente, però, Osvaldo non si cura troppo delle critiche: ha festeggiato appunto i suoi tre gol con la Roma con gesti che sbeffeggiavano chi lo aveva tacciato di scarsa tecnica, per i non pochi gol che ha sbagliato. Prandelli, che lo bocciò a Firenze (Atalanta, Lecce, Fiorentina, Bologna, recita il curriculum in serie A), non si è fatto problemi a tornare sui suoi passi. «In Spagna è maturato tatticamente. È un attaccante moderno, che sa fare la prima punta, ma anche giocare sulla fascia e aiutare il centrocampo». A Firenze è idolatrato, per via di un celebre gol alla Juve, e domenica contro la Lazio era in tribuna d’onore, seduto non distante dal preparatore dei portieri azzurri Di Palma, che stava parlando al telefono proprio col ct. «Me lo saluti», è stato il dialogo captato trai due, a conferma del feeling attuale tra commissario tecnico e giocatore.
Sul periodo all’Espanyol l’aneddotica è ricca e ne attesta la feroce volontà di riuscire: dopo l’intervento chirurgico a entrambi gli adduttori, in Argentina, e l’assenza di due mesi, in pratica non ha più smesso di segnare. In Catalogna lo descrivono come innamorato dei cappelli e appassionato di musica reggae, di arte (da Dalì a Botticelli, segnalano gli agiografi) e soprattutto di letteratura. Tra i libri, che portava spesso in ritiro, gliene piaceva parecchio uno di Frederic Beigbeider, “L’amore dura tre anni”. Quanto durerà l’amore per la Nazionale e se sarà corrisposto, lo si capirà da oggi.