La prima pietra

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IL TEMPO (A. AUSTINI) – Una mano tesa verso gli americani. Il sindaco Gianni Alemanno riapre il tema dei nuovi stadi nella Capitale: dopo le tensioni con il Coni, ecco il «benvenuto» istituzionale a Thomas DiBenedetto, pronto a costruire un impianto per restituire solidità alla Roma e regalare finalmente ai tifosi una casa accogliente e funzionale. Il sindaco, da sempre favorevole, torna a spingere sull’acceleratore. «L’approvazione della legge – spiega Alemanno – aiuta, ma non è obbligatoria: noi siamo pronti a partire anche domani e daremo tutte le corsie privilegiate per poterla realizzare. Se poi nel frattempo ci sarà una legge sugli stadi, si farà più in fretta. Il discorso andrà affrontato insieme alle società sportive perché l’investimento è privato». Detto che si dovranno evitare le speculazioni, «garantisco io – assicura il sindaco – non è che per costruire uno stadio si farà un quartiere», la Roma americana e la Lazio di Lotito possono contare sull’appoggio del Comune. «Ci vuole un accordo e va aperto un tavolo con i due club: con Lotito ne abbiamo già parlato mentre con la Sensi – racconta Alemanno al Gruppo Roma Radio – non è stato possibile visto l’imminente cambio di proprietà». Il sottosegretario ai Beni e alle Attività Culturali, Francesco Giro sottoscrive il pensiero di Alemanno: «Roma deve uscire dal complesso di inferiorità rispetto alle altre capitali europee». Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo una lunga strada: 3-5 anni, nell’ipotesi più ottimistica. Il progetto per ora è soltanto un’idea nella testa degli americani. Nel business plan sottoposto a Unicredit durante le trattative d’acquisto si è accennato alla volonta di costruire uno stadio da 45-50mila posti, con tutti gli annessi di un impianto moderno. Ovvero attività commerciali, ristoranti, alberghi interni, palchi d’onore etc. Insomma tutto quello che sognano i tifosi e che al tempo stesso garantirebbe alla società di aumentare i ricavi e allinearsi in fretta ai parametri del fair play finanziario. DiBenedetto è pronto a partire: dopo l’elezione a presidente prevista per l’inizio di giugno inizierà una serie di incontri istituzionali. E parallalelamente Unicredit avvierà i contatti con i potenziali soci italiani a cui vendere una quota del club. Non è detto che il partner prescelto sarà un costruttore, ma in quel caso il suo coinvolgimento nel progetto-stadio sarà automatico. Il gruppo Parnasi ha già messo a disposizione il suo terreno a Tor di Valle, proprio accanto all’ippodromo, per lo stadio del rugby: un’idea poi naufragata e che potrebbe tornare utile alla Roma. Sulla carte, le alternative sono un terreno a Tor di Quinto attualmente destinato all’eventuale villaggio olimpico per Roma 2020 e un’area accanto alla Roma-Fiumicino. Gli americani hanno comunque in mente la costituzione di una società ad hoc per la costruzione dell’impianto e si affideranno all’esperienza di Michael Ruane – uno dei tre soci di DiBenedetto – nel campo della finanza immobiliare. Non solo: un manager dei Red Sox darà il suo contributo sulla base del lavoro svolto per il Fenway Park, lo stadio che DiBenedetto sogna di trapiantare a Roma.

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