C’era una volta una Roma fragile, magari bella da vedere, ma incapace di rispondere al minimo imprevisto. Bastava un soffio di vento, un palo che non si trasformava in gol, una deviazione fatale, per trovarla alla mercé degli avversari, totalmente in balia degli eventi. Una debolezza che spesso si trasformava in crisi nervosa, con espulsioni di frustrazione a condire il tutto. Adesso, anche nelle partite peggiori, quelle in cui la squadra non sembra trovare il bandolo della matassa del match, persiste sempre una sensazione sottile, sotterranea: la Roma è viva fino al triplice fischio dell’arbitro ed è sempre una minaccia da tenere in considerazione.
In un campionato in cui i finali di gara si stanno rivelando sempre più decisivi, per mettere al tappeto i giallorossi serve il colpo del ko definitivo, e talvolta non è sufficiente neanche quello.
Inutile spiegare con la tattica la rimonta di Milano: la Roma è stata impalpabile fino al minuto 87, quello della zuccata di Roger Ibanez, e a quel punto è parso chiaro come tutto fosse possibile, anche riprendere una partita in cui, fin lì, non aveva mai tirato nello specchio della porta difesa da Tatarusanu.
Se la Roma è questa, se lo scorso anno ha saputo ribellarsi al destino dell’eterna piazzata alzando al cielo di Tirana la Conference League, i meriti non possono che essere ascritti a José Mourinho, e chissà come avrebbe festeggiato, in campo, il ritorno al gol di Tammy Abraham, passato in pochi giorni dall’essere decisivo nella propria area fino a diventarlo in quella altrui, sempre nei minuti finali, quando gli altri sono più stanchi e la Roma vola. Le fatiche tecniche dei giallorossi, in alcune gare, sono palesi, ma lo è anche questa impressionante capacità di non abbandonare mai le partite, neanche nei contesti peggiori. Solo con questa tenacia la Roma è stata capace di uscire indenne da San Siro (due volte, contro l’Inter anche con la posta piena) e dallo Stadium. Siamo pur sempre la patria del «corto muso», e la Roma che resta a galla, ai piedi della zona Champions, non è poi così dissimile dalla Juventus che sta risalendo in maniera impetuosa, gettando le fondamenta dalla fase difensiva. Intanto Mourinho si prepara a tornare in panchina domani in Coppa Italia, per la sfida contro il Genoa.
Come scrive il Tempo, il calendario aveva preparato il terreno per uno scontro con la Spal di Daniele De Rossi, ma alla fine ad avanzare fino agli ottavi è stato il Grifone. Possibile un lieve turnover da parte di Mourinho, alla luce dell’impegno di domenica sera con la Fiorentina. C’è chi deve mettere minuti preziosi nelle gambe (Spinazzola, forse anche il nuovo arrivato Solbakken) e chi ha bisogno di ritrovare fiducia, come Belotti. Ieri il tecnico ha fatto lavorare ancora a parte chi è sceso in campo contro il Milan mentre gli altri hanno svolto la classica seduta sul terreno di gioco, incluso Karsdorp, il cui futuro è ancora appeso a un filo. E Mou, già che c’era, si è anche concesso il lusso di seguire dagli spalti la sfida della Primavera, bacino di talento dal quale ha già attinto a piene mani nel corso di questi 20 mesi in cui ha plasmato una Roma che prima di lui era profondamente diversa.