IL MESSAGGERO (S. CARINA) – Il derby che non ti aspetti. Perché va bene attacco contro difesa ma è piuttosto singolare che con Dzeko, El Shaarawy e Schick in rosa, sia la Lazio a spingere sull’acceleratore dei gol fatti (31) con Immobile capocannoniere, e la Roma a frenare nel computo di quelli subiti (7) che le regala, dopo 12 giornate di campionato, la miglior difesa del torneo. Meglio del Napoli primo (8) e della Juventus seconda (11) ma anche della pragmatica Inter (9) e dei biancocelesti di Inzaghi (12). Nonostante le due reti prese da Alisson a Firenze, il reparto arretrato giallorosso è dietro nell’Europa che conta (Inghilterra, Spagna, Francia e Germania) soltanto al Barcellona (4) e al Manchester United (5) e condivide il terzo gradino del podio con il City di Guardiola e il Tottenham.
FORMULA MAGICA – Chi se ne intende di scudetti, leggi Allegri, continua a sostenere che «per arrivare primi bisogna segnare 75-80 gol e subirne 20-25». Forse, considerando il divario nei confronti diretti che esiste tra le prime cinque in classifica e le restanti quindici – attualmente il computo dei punti è 161 a 9 (con 2 gare da recuperare che vedono coinvolte proprio le romane, contro Sampdoria e Udinese) i parametri potrebbero essere rivisti. Attenendoci però a quelli citati dal tecnico toscano, la Roma in proiezione dovrebbe aumentare leggermente il numero dei gol segnati (attualmente si va per i 73) ma viaggia a gonfie vele per quanto riguarda quelli subiti (continuando di questo passo chiuderebbe a 24-25). Frutto di un lavoro sul campo del quale Di Francesco va molto fiero: «E’ la cosa che mi rende più felice, a dimostrazione che il lavoro paga». E in effetti basterebbe ricordare le prime uscite estive della Roma, dove la linea a quattro somigliava spesso e volentieri a un elettrocardiogramma, per rendersi conto dei passi in avanti. Cambiano le coppie centrali, gli esterni e gli avversari ma il totale dice sempre 7 reti subite in undici giornate di campionato, di cui 5 in appena due gare (Inter e Fiorentina). Oltre ai pochi gol presi e ai clean sheet di Alisson (7 in campionato, 9 compresa la Champions) ci sono altri dati che permettono di analizzare i miglioramenti del reparto. Tra questi, il numero dei fuorigioco, arrivati a quota 39. Non pochi. Tutto nasce da una fase difensiva di squadra e non limitata ai difensori: «Siamo cresciuti nelle aggressioni ha ricordato il tecnico dopo Bologna – non quelle basse ma alte. Il lavoro dei centrocampisti e degli attaccanti permette alla linea di difesa, anche se composta da giocatori individualmente non velocissimi, di rimanere alta, così da leggere bene ogni situazione». A conti fatti, quasi 4 (3,6) fuorigioco a partita, indice di una maggiore consapevolezza nei propri mezzi e di un’assimilazione dei dettami tattici dell’allenatore che tuttavia, quando serve, non si vergogna di abbassare la difesa (Milan, Napoli, Torino, Chelsea all’Olimpico) per poi partire in contropiede.
FATTORE EUSEBIO – C’è un altro dato che certifica l’affiatamento del reparto: la Roma è l’unica squadra della serie A che non ha ancora subito una rete su palla inattiva. Che sia un rigore, una punizione o un calcio d’angolo, poco importa. E anche in questo caso, il fattore-Eusebio‘ non è secondario, avendo cambiato in corsa i propri convincimenti, adeguandoli alle caratteristiche dei suoi difensori: «Inizialmente non era così ma adesso sto optando la maggior parte delle volte per le marcature a uomo anche se cambio a seconda delle situazioni. Ad esempio sulle punizioni laterali ritengo sia più adatta la zona», ha spiegato. In ottica derby, si prospetta una sfida molto interessante con Inzaghi. La Lazio infatti è la squadra in serie A che segna di più da palla ferma: già 12 gol in 11 partite, uno più del Napoli e 2 più dell’Udinese.