LA REPUBBLICA (F. BOCCA) – C’è un sentimento infido, probabilmente incosciente, in Eusebio Di Francesco quando fotografa la situazione della Roma con una frase che arriva a freddo, a oltre un’ora dalla fine della partita persa con la Spal e dopo essere usciti dall’Olimpico, i giallorossi, sommersi dai fischi della curve: «Non riusciamo a fare il salto di qualità in maniera definitiva. Non può essere che alle prime difficoltà non si sia più squadra». Non è tanto la sconfitta con la Spal che brucia, quanto piuttosto il rendersi conto che l’orizzonte della Roma è limitato e che a metà ottobre tutti i progetti sono già forzatamente ridimensionati.
La Roma è una squadra in stato confusionale, in crisi di identità, senza più fondamentali e senza quei riferimenti sicuri che potevano essere magari Totti e Spalletti che si accapigliavano, o l’energumeno Nainggolan frequentatore di discoteche. Oggi la Roma è una squadra insicura, che all’0limpico disperde buona parte del suo patrimonio: prima di piegarsi mestamente alla Spal di Semplici e Lazzari – e dovevano essere coscienti i romanisti dei rischi, dato il sudore con cui l’Inter aveva vinto a San Siro contro i ferraresi – Di Francesco & C. avevano penato contro Atalanta e Chievo. Senza contare il ko di Bologna o l’allarme della vittoria fortunosa di Empoli. Già la scorso anno all’Olimpico la Roma aveva contato ben 6 sconfitte, ma quel che preoccupa è che i punti in meno rispetto a un anno fa sono già 5.
La sconfitta contro la Spal è stata emblematica. Di Francesco ha organizzato il solito turn-over in vista del match di Champions col Cska di martedì, niente De Rossi, Kolarov, Manolas, Schick, il solito trotterellio di mezze punte inconsistenti, per finire travolti prima da un rigore di Petagna (fallo di Luca Pellegrini su Lazzari) e poi una botta di testa di Bonifazi. Nel mezzo e intorno l’ombra di Dzeko che è tornato a mangiarsi scellerati gol a porta vuota e una traversa di Lorenzo Pellegrini, forse l’unico a non rassegnarsi completamente. Nemmeno di una Spal in dieci per l’espulsione del portiere Milinkovic la Roma è riuscita ad approfittare. L’unico momento di vivacità, un litigio tra Dzeko e il team manager De Sanctis. Di Francesco è riuscito a vedere una bella Roma fino al gol, ma si tratta di un evidente abbaglio. «Abbiamo il braccino corto – ammette qualcosa la paghi per i tanti giovani in squadra, però al di là dei giovani eravamo più forti, dovevamo vincere. E comunque alle prime difficolta non si può non avere una reazione come si deve». Una specie di rassegnato torpore.