IL MESSAGGERO (R. RENGA) – Rosella Sensi aspetta in silenzio il Natale a stelle e strisce della Roma e intanto rappresenta la società preamericana in Lega, dove si gioca una partita ad alto rischio per il nostro calcio in macerie. Nel condominio pro si litiga per l’ovetto di oggi (siamo in tema) senza pensare alla frittata di domani. Che senso ha tirarsi torte in faccia per i soldi delle tivvù, quando il tornado porterà via pallone e pallonari?
Esempi estrapolati dal programma elettorale della Sensi e che porterà agli svagati astanti: stadi a pezzi, classifica Uefa da brividi, assenza di regole per merchandising e teppismo, vivai fantasma, nero a gogo, tasse eccessive, arbitri allo sbaraglio, dirigenti nell’orticello, mancanza di piani, idee, norme. Bisognerebbe riscrivere la carta costituzionale del calcio italiano. Regola prima: buttare tutto. Regola seconda: progettare la rinascita, disegnando un nuovo codice etico e comportamentale. Ma si può fare? E quando? E con chi?
Beretta è a capo della Lega e uomo Unicredit: esagera e dirà addio. Mentre i consiglieri perdono tempo per spartirsi due lire, la Lega rimane senza quel (nuovo) presidente cui verrà affidata la prima pietra. Potrebbe essere Rosella Sensi, che ne ha viste e vissute tante da sapere da che parte cominciare, ed è giovane e donna: già un doppio segnale di rinnovamento; potrebbe essere anche Franco Carraro, che rispetto alla signora ha più anni e dunque più esperienza del calcio che fu, mentre di quello che è, ovviamente, sa tutto.
Quando i presidenti la smetteranno di guardarsi male ed entreranno in zona elettorale dovranno chiedersi dove vogliono arrivare e come intendono farlo. Tanto per essere chiari: ha senso dividersi per il tesoretto televisivo? E poi hanno ragione i ricchi o i poveri? Ancora: non potrebbero aver torto tutti? Certo che sì. Possiamo capire che ognuno voglia privilegiare le rispettive posizioni, ma come si fa a sostenere che l’Udinese o la Fiorentina, per citare due società che spendicchiano, debbano incassare quanto club più umili e che non investono un euro, limitandosi a sopravvivere?
La Lega non fa beneficenza: deve proteggere e, se possibile, rilanciare il calcio italiano. Per il quale fanno di più le grandi e, tra le piccole, le meno piccole: il danaro si dia allora pesando queste differenze. Altra possibile soluzione: malloppo diviso in parti uguali. Succede altrove, ma altrove hanno stadi, mercato protetto e ristoranti. Dalla notte al giorno.
In questo stagno si inseriscono Di Benedetto e i suoi amici americani. Conoscendoci, proveranno panico o disgusto? E quanto vorranno investire in uno sport arcaico e fragile? Il gruppo che prenderà la Roma negli Stati Uniti ha già Red Sox (baseball) e Boston Celtics (basket). Secondo la classifica stilata dalla rivista del canale sportivo americano Espn, i Red Sox in quanto a spese sono ottavi al mondo, mentre i Celtics sono quindicesimi, con stipendi medi di circa 6 milioni di dollari. La Roma è sessantaduesima, con stipendi medi di 3,4 milioni di dollari. Vorranno adeguare la Roma ai fratellini americani? La risposta è no: il nostro, ahinoi, è un altro mondo. Investire dove tutto funziona ha un senso; investire da noi non ha proprio senso.
La stranezza, se vogliamo, è questa: potrebbe essere proprio la Sensi, da presidente di Lega e riformando il calcio italiano, a faciltare l’ingresso dei successori.