CORRIERE DELLO SPORT – R. MAIDA – Un’immagine racconta la rassegnazione di un uomo: esauriti i gesti di scaramanzia, Luis Enrique ha chiuso la sua partita sulle ginocchia. E’ rimasto immobile, a bordocampo, a venti centimetri dal prato, appoggiato ai muscoli delle gambe. Fissava il nulla dello sfacelo mentre la Fiorentina festeggiava il gol di Lazzari e il fido motivatore, Llorente, tentava in maniera grottesca di spronare la Roma a riprendere il gioco. Adesso non sono più soltanto i numeri a condannare il suo lavoro ma anche la decisa presa di posizione popolare. I tifosi, almeno i tifosi che ieri erano all’Olimpico, non lo vogliono più. E’ una sentenza di primo grado, con quattro appelli ancora da scrivere, ma una sentenza. Che lui, il colpevole designato, accoglie con visibile sofferenza. «Non siamo mai stati all’altezza del nostro pubblico – spiega – perciò è normale la delusione della gente, il disincanto, la rabbia. Conosco il calcio, so che nei momenti difficili succede che l’umore della piazza non sia buono. Abbiamo creato noi questa situazione, noi dobbiamo fare in modo di uscirne. Non succede nulla di grave adesso. Siamo dispiaciuti ma dobbiamo impegnarci per rialzarci» .
L’ANALISI – Della partita con la Fiorentina, c’è poco da salvare: «Nel primo tempo non c’eravamo, non siamo riusciti a entrare in partita. Non so perché. Forse la situazione che si è creata, con tanto pessimismo intorno, ha bloccato la squadra. Di sicuro i giocatori hanno perso fiducia: alla fine erano molto tristi. Peccato perché nel secondo tempo abbiamo giocato a un livello altissimo» . Non sente di avere la squadra contro, anche se aggiunge: «Io credo che tutti mi seguano. Poi bisognerebbe chiedere ai giocatori se è vero. Mi sembra però che ci siano delle difficoltà nel recepire quello che chiedo. E’ colpa mia di tutto. Sono io il responsabile, lo sapete» . Si è complicato la vita da solo, inserendo il giovane Tallo al posto di Heinze e schierando in difesa Taddei e De Rossi. Una tattica suicida che ha consegnato la vittoria alla Fiorentina: «Non potevo mettere mica Bojan e Lamela, che erano squalificati… Ho inserito una punta perché volevo vincere. Io voglio sempre vincere. Rifarei questo cambio centomila volte» . La filosofia del Barcellona. Solo che anche il Barcellona qualche volta perde. Figurarsi questa Roma: «Non è una bella giornata né per me né per Guardiola. Ma la vita continua. Non smetteremo di credere nel nostro lavoro» . Anche perché uno striscione della curva Sud ( «Un uomo vero in un mondo di falsi: Adelante Luis» ) svela che parte dei tifosi gli vuole ancora bene: «So di essere un uomo vero perché certi valori mi sono stati inculcati dai miei genitori. Ma adesso devo diventare un allenatore vero» . Cosa gli manca per esserlo? «I risultati» . E basta.
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