RITIRO ROMA 2018 – Marini e Pierini, due collaboratori dello staff di Eusebio Di Francesco, hanno parlato ai microfoni di Roma Tv prima della partenza con Latina:
In cosa consiste il vostro lavoro?
Pierini: “Il mio lavoro all’interno dello staff è di coadiuvare quello che il mister deve andare a svolgere. Siamo pronti a essere presenti, nel sistemare i campi con paletti e conetti, per far sì che le esercitazioni avvengano nel modo giusto. Collaboriamo con lui per non avere vuoti nell’allenamento, in modo tale che tutto possa fluire”.
Marini: “Siamo a disposizione del mister, dentro e fuori dal campo”.
Il campo va sempre preparato…
Pierini: “Le esercitazioni sono semplici, quando le strutturi pensi prima a cosa deve avvenire, perché non devono esserci interruzioni”.
Avete esperienza come osservatori della squadra avversaria. Quali sono le cose più importanti da dire?
Pierini: “Ho iniziato in questo modo, prima andavi a vedere la partita, non c’era la possibilità di rivedere il filmato. Dovevi essere molto attento ed eseguire schemi che riassumono fase offensiva e difensiva, su un quadernino. Poi venivano riportati con Word, insieme alle figure e si presentava la redazione, in modo tale che il mister la esponesse. Allo stesso tempo si analizzavano i giocatori, per sottolinearne le caratteristiche individuale. Andando avanti col tempo ci si è messa di mezzo la tecnologia, vedi la partita e ti dedichi ad altro. Sui calci piazzati vedo chi resta dietro, perché a volte nei filmati televisivi non si vede. È una cosa che ho lasciato indietro, rivedo la partita e mi segno chi c’è e non c’è. Faccio la foto anziché i disegni. C’è stato un miglioramento, ma c’è da fare ancora molto”.
Marini: “Io ho preso il posto di Danilo, ho chiesto consigli, ci ho messo qualcosa di mio. Anche da ex calciatore. Quando vado a vedere una partita cerco la dislocazione in campo degli avversari, cerco di dividere il campo in tre zone, per la fase offensiva e difensiva, poi ci sono delle sfumature, come l’interazione tra i compagni di squadra e i giocatori e l’allenatore, i giocatori chiave”.
Si possono vedere i quadernini?
Pierini: “No (ride, ndr). No, per me non sono segreti, quando fai queste cose hai anche il tuo modo di farle, tra me e lui c’è modo diverso di farle. Io mi espongo in una maniera, lui in un’altra”.
Marini: “Lui è più tecnologico, io più tradizionale”.
In che modo la tecnologia ha cambiato questo lavoro?
Pierini: “Qui osso dire qualcosina in più. Prima di venire qui alla Roma, facevo anche la match analysis. Ero supportato da alcuni big data che mi arrivavano e io gli esponevo, ma non gli davamo molta importanza. Col tempo ci siamo accorti dell’importanza dei dati. Una squadra che spinge più da una parte e meno dall’altra può farlo in modo evidente, ad occhio nudo, ma non ti dà la sensazione globale di quello che sta accadendo. La statistica è stata molto molto importante. Oggi basano degli studi su questo. Addirittura si può sapere quanti gol sono stati fatti con una palla riconquistata in un tipo di situazione. E’ un qualcosa che non devi prendere soltanto così, è un qualcosa che poi va applicato, oltre che capito. Qui alla Roma c’è Simone Beccaccioli che è bravissimo con i big data, lui dà un’informazione molto molto importante a Eusebio. È una parte fondamentale”.
Com’era come giocatore e come è cambiato il vostro rapporto nel tempo?
Marini: “Non è cambiato, eravamo molto giovani, avevamo 20 anni e 25 anni, eravamo abbastanza spensierati. È semplice per me parlare bene di Eusebio, è una persona corretta e una persona concreta, che ha grande rispetto per sé stesso e per gli altri, soprattutto per il lavoro che svolge. Questa caratteristica è importante all’interno di un’organizzazione, lui ha sempre avuto questa voglia di migliorarsi che poi lo ha portato a fare una carriera importante. I risultati li abbiamo visti tutti. Adesso l’ho ritrovato con esperienza, migliorato sotto tutti i punti di vista. Ha sempre voglia di guardare avanti, di migliorarsi, è molto attento al dettaglio, su qualsiasi cosa, non solo in campo, ma anche fuori. E’ una persona che è sempre alla ricerca del miglioramento personale, ma è estremamente corretto”.
Il tuo rapporto Danilo? Nasce a Val di Sangro…
Pierini: “Val Di Sangro la lasciamo da parte… L’unica fortuna è stata conoscere lui, che era lì da direttore sportivo. Era un altro ruolo. Non parliamo di quella esperienza… Credo di essere quello che lo conosce un po’ di meno rispetto a loro, lo trovai seduto su una panchina, dove eravamo in ritiro, in un paese sperduto nel Molise. Non mi ricordo neanche il posto, ho cancellato tutto. Lui si è esonerato da solo quando hanno esonerato me. Si era anche stufato. Lui già ragionava in veste diversa, per cui dopo gli è stato tutto facile. Siamo rimasti molto in contatto, gli sono accadute delle cose, mi ha chiesto dei consigli, come l’avrà chiesto anche ad altri sicuramente, io gli ho dato delle indicazioni che si sono rivelate positive e quindi lui ha intrapreso questa strada. Non è merito mio la sua carriera. Ho detto che era un predestinato, questo sì. Ma il concetto è un altro. Lui dentro la sua testa formula ed elabora, tutto quello che viene è suo frutto, anche se ci sono consigli di altri. Magari c’è qualcosa che dice lui o un altro, io quando vedo delle cose gliele dico, ma poi è lui che elabora e fa il tutto. Lo ha portato a fare questo. Per fare l’allenatore ci vuole molta curiosità, non ci vuole incertezza, ma bisogna avere qualche piccolo dubbio, non bisogna mai essere certi che tutto vada in una certa maniera, bisogna essere sempre attenti e pensare che ci possa essere di mezzo un errore, un qualcosa che non va. Puoi sempre migliorare e andare avanti”.
Marini: “E poi ci vuole qualche intuizione, che il mister spesso ha”.