GAZZETTA DELLO SPORT – È stato «er mejo fico der bigonzo» . Tutto certificato dal premio (omonimo) ricevuto nel 2007 e dalla motivazione che così recitava: «Per l’amore mostrato in numerose occasioni nei confronti della città capitolina e per la genuina romanità del personaggio» . Proprio vero. Philippe Mexes è stato un vero romano d’adozione, e la sua cadenza franco-trasteverina— cristallizzatasi dopo sette anni di passione intensa — lo ha sancito in modo inequivocabile. Cortese avviso ai tifosi milanisti: avrete il suo corpo, la sua testa, il suo talento, però non il suo cuore. Quello, infatti, l’ha già dato alla Roma, perché le lacrime mostrate al mondo dopo il ko dello scorso anno all’Olimpico con la Samp — quello del virtuale addio al sogno scudetto — non saranno più dimenticate.
Ingaggio con condanna Ciò che è stato un po’ dimenticato, invece, è il suo arrivo a Roma Gran pallino di Franco Baldini, nel maggio 2004 arrivò a parametro zero (si credeva) dall’Auxerre. Fabio Capello lo accolse mostrandogli i movimenti da fare coi bicchieri, ma il giorno dopo partì con destinazione Juventus. Problemi? Parecchi. Fu l’annus horribilis, maledetto anche dalla revanche francese. Il club transalpino si appellò in ogni sede giudiziaria, gridando allo scippo e rivendicando il suo diritto ad essere pagato. Aveva carte inoppugnabili e così Mexes costò alla Roma non solo 8 milioni, ma anche il blocco del mercato in entrata per due «finestre» . Poco male, sussurrarono i maligni, tanto soldi da investire non ce n’erano, ma a livello d’immagine non fu cosa bella, a meno di sposare la linea del «così fan tutti»
Troppa irruenza In ogni caso si è dimostrato un affare sotto quasi tutti i punti di vista, con l’eccezione dell’addio, visto che (stavolta sì) andrà via a parametro zero. D’altronde il Milan lo ha corteggiato a lungo e a via Turati da tempo c’è chi lo considera «un Nesta biondo» . C’è da scommettere che— responsabilizzato anche dalla ritrovata Nazionale— in rossoneromigliorerà anche il suo carattere. Esageriamo? Bastano i numeri. Oltre a 15 reti, in 267 gare ha collezionato 8 espulsioni ed oltre un centinaio di ammonizioni, per un totale di 35 giornate di squalifica. Come dire, per quasi un anno l’ingaggio gli è stato pagato soltanto per vedere le partite dalla tribuna. I romanisti, però, lo hanno amato anche per questo. Non sapendo però che, oltre alle questioni familiari, anche qualche esasperazione del tifo ha contribuito ad allontanarlo. Il cuore però resterà qui, così come i rimpianti. Quelli, purtroppo, non vanno mai via a costo zero.