Nordista Romanista di Pino Vaccaro
Le mezze misure non esistono mai da queste parti. Ogni episodio andrebbe raccontato in maniera isolata e non strumentalizzato ad hoc per disintegrare con il bazooka un intero progetto tecnico. Premessa doverosa: a Benevento la Roma ha perso due punti importanti, giocando una delle partite peggiori se rapportate alla qualità complessiva degli avversari, ridotti peraltro in 10 per più di mezz’ora. Per la prima volta la Roma è inciampata contro una medio-piccola. Chissà che domenica, onorando la cabala, non arrivi anche la prima vittoria stagionale in un big match. Incrociamo le dita. Bisogna fare tremendamente i conti con la iattura del giovedì di Coppa. L’ Europa League toglie brillantezza soprattutto a una rosa ridotta ai minimi termini dagli infortuni in serie in difesa. Ed è sufficiente fare una ricognizione sul continente per rendersi conto di quante squadre siano uscite con le ossa rotte in campionato dopo aver giocato di giovedì. Un’ecatombe. È un’attenuante oggettiva.
La squadra ha faticato a far viaggiare il pallone con velocità: con l’Udinese sembrava un flipper, con il Benevento zero effetti speciali e giocate alla moviola. In questo ha inciso anche l’atteggiamento tattico molto difensivo di Inzaghi. E qui si è innescato soprattutto sui social un dibattito stucchevole sull’opportunità di applicare il catenaccio. E cosa avrebbe dovuto fare Inzaghi? Esporsi alle letali ripartenze della Roma, prestando il fianco alle giocate da flipper a campo aperto della squadra di Fonseca? Hanno mosso lo scacchiere alla perfezione: non è esaltazione di una strategia, ma è semplice apprezzamento del sano pragmatismo messo sul rettangolo. Raddoppi costanti e difesa della porta. Nulla di avvilente: ognuno mette in campo ciò che può sulla base delle risorse a disposizione. Lo stolto gioca con presunzione, il pragmatico figlio di John Dewey fa di necessità virtù. Il Benevento aveva pareggiato in casa contro Juve e Lazio, perdendo di misura contro Milan e Atalanta secondo un canovaccio simile a quello sviluppato domenica sera contro la Roma. Nessuna strategia particolare ad hoc: è il modo di giocare del Benevento di fronte ad avversari nettamente più forti sulla carta. Nessun trattamento diverso è stato riservato alla Roma. Pensiamo positivo e scansiamo complotti virtuali: oggi la Roma è quarta in classifica in piena lotta per un posto in Champions. Ci giocheremo la postazione con Milan e Atalanta. I bergamaschi, mio parere personale, sono più attrezzati.
Il Milan ha 5 punti in più ma l’organico è grossomodo sullo stesso livello della Roma. E soprattutto domenica c’è uno scontro diretto da capitalizzare per risucchiare anche i rossoneri in classifica. Continuo a pensare che arrivare in Champions sarebbe una bella impresa considerando i limiti di organico rapportati al doppio impegno settimanale. Le avversarie non mancano e corrono a tutto gas. Ma la Roma è aggrappata all’obiettivo grazie all’identità che è stata costruita attorno alla squadra. Un’anima forte e ben caratterizzata che sa esplodere anche quando davanti c’è una muraglia. La Roma soccombe davanti al catenaccio? Balla spaziale. Contro Genoa, Sampdoria e Parma ha vinto nonostante gli avversari avessero giocato una gara terribilmente difensiva. Secondo me è solo una questione di brillantezza: se la Roma può sfruttare la rosa, gestendo il turnover europeo senza inficiare alcuni ruoli chiave, può abbattere qualunque muro. Senza brillantezza e con gli uomini chiave poco lucidi può capitare che anche il generosissimo Benevento porti a casa un punto, persino con merito per l’abnegazione dimostrata per 90 minuti.