IL TEMPO (A. AUSTINI) – Di Francesco non c’è più. Monchi ha confermato sui social che, incredibile ma vero, sta per tornare al Siviglia dopo neppure due anni dalla commovente cerimonia d’addio allo stadio. Il medico è stato cacciato insieme al responsabile dei fisioterapisti. Il presidente Pallotta sempre a Boston sta. E allora, adesso, ai romanisti hanno tolto anche la possibilità di prendersela con qualcuno. Un senso di rassegnazione accompagna questa trasferta della Roma a Ferrara. L’undicesima sconfitta di una stagione dai contorni fallimentari ridimensiona tutto: ambizioni, prospettive, entusiasmo, speranze. Questa squadra non esiste e va rifatta per l’ennesima volta, i segnali sono troppi e la sentenza non è più rinviabile. Dopo cinque anni di fila sul podio, la Roma si avvia a salutare la Champions e perdere quel mucchio di denaro che neppure le bastava a mantenersi senza dover pareggiare le spese con le plusvalenze. Un “giochino” riuscito molto bene a Sabatini per mantenersi ad alti livelli pur senza vincere e decisamente meno a Monchi.
Così, a nemmeno un anno di distanza, la semifinale di Champions conquistata grazie all’impresa contro il Barcellona assume le chiare sembianze dell’inizio della fine. E’ innegabile che nella caccia al colpevole finisca in primissima fila Monchi. Più di chi lo ha scelto, ovvero il “solito” Baldini che lo ha consigliato a Pallotta, perché il curriculum era di tutto rispetto. Ma lo spagnolo, allontanandosi per la prima volta da casa, si è dimostrato un uomo molto più fragile di quanto sembrasse, incapace di sopportare le tensioni e di mantenere la lucidità fondamentale nelle scelte di mercato. Schick, Karsdorp, Pastore, Nzonzi, Kluivert, Cristante, degli acquisti più costosi non ce n’è uno che stia funzionando. Se alla lista aggiungiamo Moreno, Defrel, Marcano, Coric il quadro diventa un disastro, solo parzialmente compensato dal colpo Zaniolo e dalle buone operazioni fatte con Kolarov e Under. Accollargli anche le cessioni sarebbe troppo, perché rientrano nella strategia del club.
Pallotta si è stancato di lui in fretta, come gli accade per quasi tutti i dirigenti che ingaggia. Monchi, infastidito dai rimproveri del presidente, dalle ingerenze di Baldini e spaventato da un ambiente in rivolta, ha deciso di tornare a casa, accontendando la moglie che non lo ha mai seguito a Roma. Ma qui lascia una squadra da rifondare. E una società nel pieno di un nuovo assestamento. La situazione a Trigoria e dintorni non è serena. Per niente. Il vuoto di potere l-sciato dal diesse ha riacceso vecchie lotte intestine (il licenziamento di medico e fisioterapista sono lì a dimostrarlo), lasciato spazio a figure che rivendicano maggiore considerazione, aperto la possibilità a chiunque di proporsi. Chi deciderà? In teoria Pallotta, certo, ma fidandosi di chi? Gil ultimi due uomini suggeritigli da Baldini sono Gandini e Monchi, entrambi bocciati. Fienga e Baldissoni sono i riferimenti attuali, entrambi convinti che sia giusto dare fiducia a Massara. Ma tutti, compresi loro due, sanno che dal Sudafrica, o da Londra a seconda del periodo dell’anno, può sempre arrivare un consiglio diverso. E decisivo.