GAZZETTA DELLO SPORT (F. ODDI) – Fumata bianca, habemus papam. Il gol più importante della sua carriera Mattia Montini lo aveva segnato all’ultimo minuto dei supplementari della sua prima finale scudetto, glielo annullarono per fuorigioco, e il fuorigioco non era neanche il suo: l’anno dopo decise la finale regionale con la Cisco all’Urbetevere, e non era neppure lontanamente la stessa cosa. Due giorni fa, all’esatta metà di Roma-Milan Primavera, il centravanti che segnava tanto e spostava poco ha cambiato il destino di una squadra che dal 2005 non riusciva a superare i quarti nella final eight scudetto, e dal 2006 non riusciva più neanche a raggiungerli.
Meglio con Ranieri Uno a zero ai rossoneri, Roma in semifinale mercoledì col Genoa (che ha eliminato la Lazio), gol più importante della carriera per sua stessa ammissione, una zampata di piatto a battere i tanti infortuni e le piccole amarezze di questo campionato: dopo lo scudetto Giovanissimi del 2006-07 -il giorno del fuorigioco non suo la Roma la finale con la Sampdoria la vinse lo stesso, dovette solo aspettare i rigori -Montini aveva aggiunto poco al suo curriculum, quel poco erano una presenza in under 20 e reti di tutti i tipi, evidentemente non sufficienti. Fanno festa in tanti quando un attaccante del ’93 debutta in prima squadra, tutti tranne gli altri attaccanti, in particolar modo se nati nel 1992: con Claudio Ranieri, Montini sembrava vicino all’esordio -avvenuto, sia pure in amichevole, con i 20’giocati a Grosseto -con Vincenzo Montella è cambiato tutto, è nata la stella di Caprari, e la luce ha coperto quella di Montini, il pendolare del gol, quello che per due anni faceva su e giù tra Frosinone e Trigoria perché la Roma voleva prenderlo già 12enne, ma il regolamento a quell’età non permette ai ragazzi di dormire lontano da casa per giocare a pallone.
Il Cigno Bianco In quanto a tecnica, nulla da invidiare a nessuno: segna con entrambi i piedi, sceglie alla perfezione il tempo per colpire di testa, salta l’uomo e inventa gol complicati, tre mesi fa ad Ascoli lo fece di tacco lasciando a bocca aperta persino i compagni. Aveva la grazia del Cigno Bianco, gli mancava la cattiveria del Cigno Nero, quella che ha trovato sabato, un istante prima dell’intervallo, bruciando il diretto marcatore e i rimpianti per quel palo centrato pochi minuti prima.