IL ROMANISTA – M. MACEDONIO – Strana situazione, quella vissuta da Sebino Nela martedì sera all’Olimpico. Quando si è trovato letteralmente a dividersi tra la condizione di ospite, come componente della squadra che nell’83 conquistò il secondo scudetto della storia della Roma, e quella di chi è impegnato professionalmente in qualità di “seconda voce” televisiva, accanto al telecronista di turno. Con lui sotto la curva Sud prima della partita c’erano anche Righetti, Superchi, Faccini e Chierico. «L’iniziativa della rievocazione del trentennale, di cui so che si è occupata la società – racconta Sebino all’indomani di quella serata – è stata molto carina e apprezzata, e io, personalmente, sono stato benissimo. So che in molti avrebbero avuto piacere che vi partecipassero anche altri protagonisti di quella squadra. E qualcuno, seguendo la “cerimonia” in televisione, mi ha anche telefonato per dirmelo. Sinceramente, non so quali fossero gli impegni di tanti miei ex compagni. So però che anche a me sarebbe piaciuto che fossimo in numero maggiore. Ho comunque apprezzato la mostra fotografica organizzata insieme all’UTR, con tante immagini di quell’anno, che è sempre un piacere rivedere».
Una “festa” che poco si è legata con il resto della serata, purtroppo, tutta da dimenticare.
Peccato. Perché se pensiamo alla partita di martedì, e a quelle giocate contro il Pescara e il Palermo, si fa sempre più forte il rammarico. Quello di non aver potuto lottare per quel terzo posto che, alla luce dei punteggi attuali, sarebbe stato alla portata di questa squadra.
Eppure, c’era un po’ in tutti la convinzione che proprio quelle due partite fossero servite da lezione.
E’ difficile darne una spiegazione. Bisogna conoscere il gruppo, capire con chi si ha a che fare, ed essere capaci di motivarlo, il gruppo. Per fargli raggiungere quella sana “ferocia” agonistica che ha, per esempio, la Juventus. Che ha il suo allenatore e che hanno i suoi giocatori, con quella voglia di vincere a tutti i costi.
Come hai commentato la partita?
E’ stato facile. Già al 4° o 5° minuto del primo tempo, si era capito che l’atteggiamento della squadra non era quello più giusto. Soprattutto contro un avversario che metteva in campo cinque difensori e ha avuto quasi sempre anche nove giocatori dietro la linea della palla. Ma era normale che fosse così. Era la Roma che, in quanto tale, doveva fare di più.
In cosa è mancata la squadra di Andreazzoli?
Certamente nei ritmi. Avrebbe dovuto alzarli, e non lo ha fatto. Dovevano muoversi di più, anche per capire se Destro e Osvaldo possono giocare o meno insieme. Hanno cercato di farlo giocando larghi, con Totti dietro di loro, ma con pochi movimenti dei centrocampisti.
Lo stesso tecnico ha detto che la squadra è stata farraginosa…
Non so quale sia ora il livello della preparazione. Che comincia a preoccupare in vista dei prossimi impegni e, soprattutto, della finale di Coppa Italia.
Pensi che questa sconfitta possa incidere sul morale?
Il Milan è certamente una squadra che dà stimoli, per cui mi aspetto un atteggiamento diverso già da domenica. Idem con il Napoli all’ultima giornata. E poi, la finale. Ma, come ripeto, a prescindere da tutto ciò, resta il rammarico per aver fallito l’aggancio al terzo posto, che era ampiamente nelle possibilità di questa squadra. E sarebbe stato un risultato straordinario, anche solo non sbagliando partite che non erano certo impossibili.
Un accesso all’Europa che oggi rischia di essere possibile solo vincendo la Coppa Italia.
La Roma deve cercare di guadagnarselo comunque in campionato, perché la finale non sai mai come andrà a finire. Certo, il quinto posto non è più così sicuro. Ma è un rischio che si deve correre, cercando di andare a vincere le due partite che restano. Bilanci? E’ ancora presto. Aspettiamo il 26.