NEWS CGR (di Francesco Oddo Casano) – Tavolo da gioco, panno rigorosamente verde e sul piatto centinaia di milioni, in fiches da tramutare in dollari. James Pallotta, da abile ‘dealer’, ha deciso di scatenare una reazione a catena per velocizzare l’iter di cessione del club, servendo le carte e pretendendo un rilancio, a questo punto decisivo. Sono giorni caldissimi in casa giallorossa e l’attesa sul futuro della Roma tra i tifosi comincia a montare, riversandosi su radio e social network. Le voci si rincorrono, ma alcune certezze ci sono: il presidente americano, dopo aver confermato urbi et orbi alcune settimana fa, la volontà di cedere il club con un’intervista sul sito ufficiale della Roma e aver tentato di smuovere le acque, tramite Goldman Sachs, per rastrellare nuovi potenziali acquirenti, non sembra intenzionato ad attendere oltre il mese d’agosto.
I legali di Friedkin e quelli giallorossi (come anticipato da CGR due giorni fa) hanno predisposto in fretta e furia tutti gli incartamenti necessari per arrivare al brindisi finale. Di fatto è come se gli attori protagonisti di questa annosa vicenda, si fossero improvvisamente imbarcati su un’immaginifica macchina del tempo, che li ha riportati indietro ad inizio marzo scorso, quando per gli annunci ufficiali mancavano solo le ultime sigle sui contratti. Tra il 10 e il 15 agosto potrebbero arrivare (condizionale d’obbligo visti i precedenti) firme e annunci ufficiali, con una novità sussurrata dalle fonti vicine alla trattativa: in via del tutto anomala, oltre al preliminare si potrebbe definire nella stessa sede il closing, per il quale, genericamente, servirebbero almeno altri 60 giorni. Tecnicamente è possibile, ma bisognerebbe convocare da qui alla metà della prossima settimana dodici assemblee degli azionisti con relative dimissioni dei consiglieri ‘in quota Pallotta’. Oltre ad inviare formali comunicazioni a Consob e Antitrust. I tempi sono strettissimi e non è da escludere che Friedkin, pur confermando formalmente la volontà di acquistare la Roma da qui alle prossime ore, chieda qualche giorno in più per attivare la procedura di pagamento. Per transazioni di questa entità, servono infatti diversi giorni oltre ad autorizzazioni bancarie di un certo rilievo. Da qui la diffidenza di alcuni operatori del settore finanziario e l’idea che quella di Pallotta possa essere anche una prova di forza nei confronti del magnate texano, della serie: “Se vuoi la Roma prendila alle mie condizioni e subito”. Il presidente americano su questo punto risulterebbe irremovibile: pretende soldi cash, senza clausole o opzioni. 200 milioni per sé e i suoi soci, più i 300 milioni di debito e la liquidità necessaria per completare la ricapitalizzazione. Se Friedkin dirà sì, l’affare si chiuderà in tempi brevi, altrimenti Pallotta – che ha autorizzato da diversi giorni un fondo del Kuwait alla visione dei conti del club in data room – potrebbe far saltare il banco e accettare l’ingresso al tavolo delle trattative del gruppo arabo (o di altri soggetti al momento non apparsi sulla scena), al quale restano però pochi giorni per manifestare con certezza la volontà di acquistare la Roma. Il sentore di una certa urgenza da parte del numero uno giallorosso emerge anche da un altro retroscena: ad inizio giugno Pallotta ha incontrato (in conference call) i rappresentanti di un fondo d’investimento dell’Azerbaijan – uno dei principali sponsor dell’Europa League – alla presenza anche di un dirigente giallorosso. Dialogo aperto e chiuso nel giro di poche ore, perchè l’interlocutore finanziario non è stato ritenuto in grado di soddisfare a stretto giro di posta le richieste economiche del businessman bostoniano. Riflessioni, rilanci e bluff: Pallotta conduce il gioco, ma la clessidra sul tavolo si sta esaurendo.