IL MESSAGGERO (G. LENGUA) – Destino ha voluto che Javier Pastore giocasse la sua migliore prestazione da quando veste la maglia della Roma davanti a Francesco Totti, che a vedere i giallorossi mancava dal 26 maggio. L’ex dirigente, da quando ha detto addio al club lo scorso 17 giugno, si è più presentato all’Olimpico solo il 12 ottobre per Italia-Grecia. Ieri, per la prima volta dopo 30 anni, Francesco si è seduto sugli spalti da semplice tifoso, accanto a lui Giovanni Malagò – per l’occasione ha riservato un palchetto – e il figlio Cristian: «È un’emozione essere tornato a vedere la Roma», ha detto prima di lasciare lo stadio. E chissà se Pastore durante i 90 minuti contro il Milan sapeva che a guardarlo c’era proprio chi ha fatto innamorare la Curva Sud con i suoi gol e tocchi di classe. El Flaco racconta il suo momento chic: «Fonseca ci sta mettendo molto del suo, parla sempre con noi e il gruppo è straordinario. Ci vuole sempre determinati e non ci lascia mai. Questa cosa mancava in passato». L’argentino ringrazia il tecnico che lo lascia libero di inventare e di dare il meglio di sé: «Sono riuscito a giocare tre partite di fila in tre giorni. Non ricordo l’ultima volta che lo avevo fatto (dal 23 al 29 settembre 2018 più di 30′ contro Bologna, Frosinone e Lazio ndc). Zaniolo? Gli parliamo spesso perché sappiamo quanto lui sia decisivo quando sta bene. Può diventare un campione, è importante che continui così assieme a Dzeko». Che per Smalling è «l’assassino in maschera».
PRECISAZIONE DI CAPELLO – In serata, ancora ai microfoni di Sky, il chiarimento di Capello sul consiglio dato la settimana scorsa all’interista Esposito di «non prendere la strada di Zaniolo»: «Non hanno capito quello che ho detto su Zaniolo. A Roma è facile che interpretino con tutte le radio e i giornali. Non era un giudizio. Era un suggerimento a un giocatore di non sbagliare. Come è successo a Zaniolo e Kean quando Di Biagio li mandò in tribuna con l’Under 21. Tra l’altro io reputo Zaniolo il più grande talento che c’è adesso in Italia: qualità, forza, tecnica e visione di gioco. Ce l’hanno in pochissimi. E quando arriva poi ai 20 metri può essere letale nel calciare in porta».