Lorenzo Pellegrini ha rilasciato un’intervista ai microfoni di Betsson.sport:
Che sapore ha vestire la maglia della squadra della tua città e che tifi sin da bambino?
“Grande responsabilità. Nascendo e crescendo a Roma la senti un po’ tua, quindi senti tuo anche lo stadio e le persone che lottano insieme a te. Questa è una grande sfida, chiunque viene a giocare per la Roma deve sapere cosa significa giocare per questa squadra. E’ un grande piacere, è il sogno di ogni bambino romano, ma allo stesso tempo è una grande responsabilità perché comporta tante cose importanti da trasmettere agli altri per fargli capire che non si sta portando una maglia qualunque”.
Sei il capitano della Roma dopo Totti e De Rossi: che emozione è portare la fascia?
“Grande responsabilità, soprattutto dopo Totti e De Rossi, che hanno fatto la storia della Roma. La fascia non bisogna portarla solo durante la partita, ma tutti i giorni. Già giocare nella Roma deve essere un grande onore per chiunque, figuriamoci per chi è cresciuto qui”.
Gol o assist? Cosa ti dà più soddisfazione?
“Inizialmente ero più per l’assist, perché comunque ti dà un brivido e soprattutto ti godi un pochino di più l’azione, perché spesso quando segni devi rivederti bene l’azione per capire come è andata. Con l’assist invece ti godi la tua giocata e il gol del compagno, ma ad oggi preferisco il gol”.
Perché la 7? Numero fortunato, casualità oppure sognavi di portarlo sulle spalle un giorno perché lo vedevi su quelle del tuo idolo?
“Il numero 7 è sempre stato il mio numero fortunato, mi piace da morire e ci sono molto legato. Questo è un numero che mi porto da bambino non per un idolo o qualcosa di simile, ma per il piacere di vedere il numero 7. Mi piace il numero sette. Quando sono venuto qui a Roma c’erano disponibili anche altri numeri come l’11 e il 12, ma alla fine scelsi il 7 perché era libero. Inoltre l’ha indossato anche Bruno (Conti, ndr), che mi accompagnato per tutto questo viaggio, quindi non ho avuto dubbi”.
Il portiere a cui è più difficile fare gol?
“Facile rispondere. Il primo anno che sono tornato qui c’era Alisson, quindi dico assolutamente lui, era incredibile”.
Il compagno più casinista?
“In questo momento direi sicuramente Mancini, che è come un fratello per me. Ma devo ammettere che fa un bel po’ di casino, mentre invece in generale devo dire assolutamente Florenzi. Aveva questa energia, a volte un pochino troppa (ride, ndr)… Era difficile stargli dietro”.
La canzone che rappresenta meglio Roma e la romanità?
“Sono molto legato ad Antonello Venditti. Quando ero a Modena soffrivo un po’ la distanza da Roma, allora mi sentivo un po’ di canzoni di Venditti, mi facevano sentire a casa. Io ero a Modena, ma mettevo Antonello in macchina e mi sembrava di essere a Roma e questo mi ha aiutato”.
La tua playlist pre gara: rock, pop o techno?
“A dir la verità prima della partita non mi fa impazzire ascoltare la musica. Non mi concentro sulla musica, preferisco parlare, comunicare con i miei compagni. Se devo dire qualcosa è tanto importante per me cercare di capire anche lo stato d’animo dei miei compagni. Ascoltando la musica non riesci a interfacciarti bene con i tuoi compagni. Quindi direi che non sono uno da cuffie, sono uno da musica di sottofondo ma a cui piace parlare e comunicare prima della partita”.
Il luogo di Roma che ami di più, quello in cui ti senti più autenticamente romano.
“Ce ne sono tanti, perché ci sono tanti ricordi nella mia mente. Ad esempio dove mi sono sposato con mia moglie o dove ho passato tanto tempo. Uno si senta a casa dove è nato, quindi direi che Cinecittà è un po’ il posto del mio cuore perché è dove sono nato e cresciuto”.