Nordista Romanista di Pino Vaccaro
Pensiamo ora allo Spezia. Che il derby evapori con la nebbia di Londra. È andato male, malissimo, ma adesso è inutile star lì a piagnucolare. La stagione va avanti e di certo le avversarie non ci aspettano. Anzi. Fonseca è finito di nuovo nella folle centrifuga cittadina. Inzaghi ha preparato il derby meglio di lui, ma soprattutto la Lazio ha giocato meglio, nettamente meglio, mostrandosi più squadra. Capita e non è un dramma. La Roma, terza in coabitazione con il Napoli, in caso di successo con lo Spezia, chiuderebbe il girone d’andata a 37 punti. La proiezione a fine stagione sarebbe di 74 punti; addirittura 76 nel caso ci dessero anche il punto “scippato” a Verona per il pasticciaccio delle liste. Potrebbero bastare per tornare in Champions League anche se lo scorso anno il quarto posto si raggiunse a quota 78 punti. Potrebbe bastare qualche punto in meno, considerando l’ammucchiata selvaggia e l’equilibrio notevole in classifica. Leggermente meglio rispetto alle previsioni di inizio stagione. Fonseca ha certamente commesso errori: quale allenatore ne è esente, ma è indubbio che grazie alla sua mano alcuni giocatori sono stati valorizzati a tal punto da farci immaginare qualcosa di più rispetto alle ipotesi della vigilia. Lui stesso con il suo lavoro ha alzato le aspettive, sgrezzando bei talenti, ma pur sempre provenienti magari dalla Serie B Spagnola o dalla tribuna a Bergamo. Ne ha tolto la polvere facendone intravedere il talento cristallino, ancora un po’ acerbo, ma comunque scintillante.
Durante il derby mi chiedevo ad esempio per quale maledetto motivo avesse fatto giocare Spinazzola, palesemente fuori forma, o non lo avesse sostituito per tempo facendoci evitare le esondazioni di Lazzari, non proprio Overmars o Robben. Poi, però, mi sono messo nei panni di Fonseca che voltandosi verso la panchina, notando i volti in sequenza di Perez, Peres, Jesus, Fazio, Santon avrà cambiato subito idea puntando ancora forte sul turbine, un po’ appannato, di Foligno. Un paio di alternative buone davanti, Kumbulla in difesa e Cristante in mezzo al campo. La panchina insomma non è che sia proprio una miniera d’oro da cui pescare con avidità. E dunque il mercato di gennaio casca a fagiolo, puntuale come un orologio di Zurigo. Vogliamo dare una mano a Fonseca e alla squadra? La rosa è corta e va allungata, a maggior ragione con l’arrivo dell’Europa League. Il derby ha mostrato secondo me i limiti caratteriali, di temperamento e di personalità di questa squadra. Ingredienti fondamentali da scovare sul mercato. Fonseca predica un gioco di dominio che contro avversari più forti o di egual valore diventa deleterio senza uomini di carisma. Se il trend è positivo, la giornata tende a svilupparsi in modo meraviglioso, ma se iniziano i guai il percorso diventa una sorta di calvario annunciato con mille ostacoli in salita. Una catastrofe. Il grande allenatore dovrebbe cercare di affrontare situazioni di gioco diverse, soprattutto quelle sfavorevoli: non cambiare mai il canovaccio diventa sicuramente un grande limite. Un conto è fare calcio di dominio con carismatici capitani d’Europa, un altro conto è provarci con ragazzi ancora in fase di maturazione. Un affare è andare in guerra con De Rossi e Strootman, altro discorso è farla con chi non ha mai imbracciato un fucile. Parola d’ordine: carisma. Il momento economico non è propizio, ma qualcosa bisogna pur inventarsela altrimenti ha davvero poco senso produrre false aspettative su un allenatore che può lavorare con materiale umano molto limitato. Quella attuale è una buona rosa con cui poter lottare tra il quarto e il sesto posto, ma che con qualche intelligente ritocco di “garra” potrebbe consolidarsi nella griglia Champions. Ora la Roma, nonostante tutto, è terza in classifica, non proprio il disastro che qualcuno vorrebbe far credere. Terza, nonostante il maledetto derby.