Perotti: “Boato al gol col Genoa, emozione unica. Il rigore preferito? Nel...

Perotti: “Boato al gol col Genoa, emozione unica. Il rigore preferito? Nel derby”

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Diego Perotti, ha risposto ad alcune domande poste dalla Roma su una diretta Instagram:

Come va?
Bene, tutto tranquillo.

Ti stai godendo la famiglia?
Abbastanza, più di quanto ci serve (ride, ndr).

Ne approfittiamo per stare con i nostri cari…
Sì, in ritiro ovviamente li vediamo meno. Sono passati quasi due mesi, quindi abbiamo approfittato del momento.

Che cosa hai provato a pensare che la cavalcata in Champions è partita dal tuo gol contro il Genoa?
La sensazione del gol al Genoa non l’ho mai provata prima. Anche se l’anno dopo siamo arrivati in semifinale di Champions, è un po’ egoista. Quel gol l’ho fatto io, l’ho sentito molto in maniera personale. Anche se l’anno dopo abbiamo giocato ed ho segnato in semifinale, mi sentivo importante perché era grazie a quel gol. Spero di provare a sentire quella gioia, ma sarà difficile per quello che era quella partita, il contesto. Era un sogno, sono molto orgoglioso.

Quel gol è il più bello?
A livello di importanza sì, ma di bellezza no. Mi tengo il primo che ho fatto contro la Sampdoria al volo. Anche quello al Chelsea in casa. A livello di importanza sicuramente quello è insuperabile, non c’è paragone con nessun altro.

Mi ricordo una tua finta di corpo nella tua prima partita, dopo hai fatto l’assist per El Shaarawy…
Quello che accade in una carriera lo ricordiamo tutti. Io ero arrivato da 48 ore, dopo la partita contro la Fiorentina ho preso la valigia ed ho fatto le visite. il giorno dopo ho giocato titolare con la Roma ed era anche una partita emotiva: vincevamo uno a zero, poi hanno espulso Nainggolan. Ho fatto quella finta, poi l’assist per Stephan. Vincere alla prima partita, fare l’assist, a 48 ore dall’arrivo è stato un buon inizio.

Hai un rigore preferito?
Quello nel derby. Per quello che rappresenta a Roma, per i tifosi e la città. Stavamo pareggiando 0-0, l’ho calciato camminando e quando lo rivedo non so come ho fatto. E’ andata bene, poi ho fatto l’assist a Nainggolan per il secondo gol. Quel derby era quello più emotivo, più importante e dove ero più nervoso nel calciare il rigore.

Che soddisfazione è stata per tua madre vedere che ce l’hai fatta come calciatore?
Lei è una di quelle più orgogliosa in famiglia. Mi ha seguito da piccolo, mi ha accompagnato in tutti i momenti. Si alzava e mi accompagnava a giocare chissà dove. Veniva da sola con il caffè per vedermi giocare. Non abbiamo sofferto, io ho avuto la fortuna di stare bene a livello economico, avevo le scarpe per giocare. Ci sono tanti calciatori che hanno avuto difficoltà, per fortuna io questo non ho dovuto passarlo. Ho avuto momenti di sofferenza, dove non giocavo, dove non sapevo se ce l’avrei fatta. Le sono grato per tutto questo.

Il tuo giocatore argentino preferito?
Riquelme. Non ho mai visto nessun altro, in quel ruolo, in quella maniera. Magari mi ha preso già quando ero al Boca a 13 anni. Vederlo così vicino mi ha colpito tantissimo. Ho provato sempre da giovane ad imitarlo ed a fare le sue mosse, ma non ci sono mai riuscito.

Da dove arriva il tuo soprannome?
Mio padre lo chiamavano El Mono, ovvero la scimmia. Io l’ho preso da lui, nulla di personale o particolare. E’ un’eredità, lo chiamavano così in Argentina. E’ più conosciuto di me.

L’avversario più forte che hai incontrato?
Il terzino destro più difficile è stato Dani Alves. L’ho affrontato al Siviglia e lui era al Barcellona. Ho giocato contro pochi giocatori di un livello fisico così alto. In 90 minuti poteva fare tante volte avanti e indietro. Noi facevamo il classico 4-4-2, io facevo l’esterno a tutta fascia e dovevo rincorrerlo e puntarlo. In tante partite sono riuscito a fare bene, ma era sempre una sfida dura. Fisicamente ti faceva arrivare ad un livello, ti costringeva a fare il terzino. Era il Barcellona che ha vinto tanti titoli, andavi al Camp Nou e vedevi Xavi, Iniesta e Busquets.

Come è nato il tuo modo di battere i rigori?
E’ nato a Siviglia. Nelle giovanili forse uno o due. Lì in prima squadra ho cominciato con un portiere amico mio in allenamento. Ho cominciato a parlare ed a capire come fa un portiere a pararlo, quale era il momento decisivo. Ho preso informazioni ed ho provato in diversa maniera. All’inizio camminavo ancora più piano, ho iniziato a provare ed ho visto con lui quale fosse la forma in cui riuscivo a fare più gol. Era Siviglia-Espanyol la prima volta, nel 2012, da lì in poi ho fatto sempre gol. Solamente qui ho sbagliato due rigori ed ho cambiato un po’. Guardo il portiere il più possibile per capire se mi da riferimento. Come il cucchiaio, se fai gol sei un fenomeno. Nel calcio comanda solamente se fai gol o no.

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