IL MESSAGGERO (M. FERRETTI) – Il fortino allestito da EDF davanti alla porta di Olsen ha retto per una mezzora abbondante di (non) gioco poi, dopo l’ennesimo errore del singolo, è franato. Juventus in vantaggio, Roma ancora più stordita rispetto ai primi imbarazzanti minuti e partita indirizzata verso un epilogo da pronostico. Tutti immaginavano che per la Roma sarebbe stata una serata durissima, ricca di problemi, di ostacoli e di difficoltà ma in pochi probabilmente avevano ipotizzato una prestazione per un tempo così povera di contenuti. Roma in costante proiezione difensiva, costretta a subire per la bravura e la forza dell’avversario e un po’ anche per un’idea di partita tendente unicamente a non prenderle. Non si può spiegare in altro modo, ad esempio, la scelta iniziale di sistemarsi con la difesa a cinque, Schick mollato laggiù in attacco e un centrocampo in costante balia di quello avversario.
GAMBE TREMOLANTI La Roma ha dato l’idea, immediata, di avere una paura enorme della Juventus: non l’ha rispettata, ma l’ha invitata a giocare una partita costantemente all’attacco, palla al piede e spazi enormi a disposizione. Traducendo, la Roma nella prima frazione si è consegnata alla capolista (Olsen da applausi) rinunciando non a giocare in avanti ma addirittura all’idea di giocare in avanti. E, se ci pensate, questa è stata la cosa peggiore. In certi casi, tu puoi anche fare (o sei costretto a fare) una difesa ad oltranza o giù di lì, ma c’è modo e modo per (non) giocare la partita. Tranne rarissime eccezioni, la Roma nei primi 45 minuti ha mostrato uomini con una determinazione pari allo zero, una cattiveria da libro Cuore, la forza d’urto di un moscerino e una personalità da asilo nido. Un gruppo di giocatori impauriti da se stessi e dall’ombra dei rivali, incapaci di tenere il pallone tra i piedi per più di 5 secondi e di spaventare seriamente l’ex Szczesny. Dire che la squadra di Di Francesco ha fatto la figura di una provinciale sarebbe fare un torto alle vere provinciali.
Poi, nella ripresa, è bastato trovare un po’ di coraggio, sistemarsi con il collaudato 4-2-3-1, metterci un po’ di orgoglio e meno paura e la partita non è stata più a senso unico. Tutto questo non è bastato per evitare la sconfitta (si ricorda alla Roma che non è vietato tirare verso la porta avversaria), anzi ha alimentato i rimpianti per quella mezza gara regalata alla capolista. Così la Roma, che ieri si sentiva grande, oggi è una cosa indefinita che viaggia al decimo posto in classifica con un ritardo abnorme dalla vetta, e pure a quattro lunghezze dal quarto posto della Lazio.