Pjanic rimonta, ma il Barcellona chiama

Pjanic rimonta, ma il Barcellona chiama

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GAZZETTA DELLO SPORT – M. CECCHINI – La prima valigia con dentro la sua roba non ha neppure capito che cosa fosse. Troppo piccolo, in braccio alla madre, per capire che il viaggio era già cominciato. Miralem Pjanic lasciò la sua Bosnia con la famiglia poco più che neonato, perché la guerra non guarda neppure in faccia ai bambini, e da quel momento il concetto di radici, per lui, è stato abbastanza sui generis. Ad appena 22 anni, in fondo, il calcio gli sta riservando lo stesso destino. Dai lussemburghesi dello Schifflange ai francesi del Metz, dal Lione alla Roma, in una scalata che sembrava dovesse avere una pausa. E invece difficilmente sarà così, nonostante l’attualità giallorossa lo abbia riportato prepotentemente alla ribalta in questi due ultimi turni di campionato accomunati da altrettante costanti: il suo posto da titolare santificato da altrettante vittorie.

Lui & Zeman Il paradosso, in fondo, è che nella malinconica stagione scorsa Pjanic — insieme a Osvaldo e Borini — ha rappresentato la faccia più bella della Roma. Questo, però, non gli è bastato per costruire un rapporto con Zeman calcisticamente significativo, tant’è che finora è stato impiegato dal primo minuto solo 5 volte, non venendo sostituito proprio soltanto nelle ultime due partite. «Lui mi “esce” sempre», si è sfogato il bosniaco con gli amici usando un buffo italiano. Rabbia repressa che ha preso la strada della tv in occasione del derby, quando gli insulti rivolti all’allenatore dopo il gol segnato sono stati ricuciti da imbarazzate precisazioni e, soprattutto, da sincere scuse al boemo.

Sirene Barcellona Ma il problema non è lo scatto d’ira (che possono avere tutti), bensì quella collocazione tattica che nello scacchiere zemaniano — per uno con le sue caratteristiche — non si trova. «Fa poco la fase difensiva», è il mantra del boemo, che nel ruolo di interno gli ha preferito spesso giocatori di sostanza (De Rossi, Bradley) oppure incursori (Florenzi, Marquinho). A togliere tutti dall’imbarazzo, però, potrebbe pensarci il Barcellona, che già in estate lo aveva cercato. «Sarebbe l’erede di Xavi», dicono in Spagna. Per Pjanic, infatti, i catalani potrebbero derogare alla «quasi legge» della cantera, visto che la tecnica, la visione di gioco e la capacità balistica del bosniaco — cresciuto nel Lione alla scuola di Juninho Pernambucano — hanno sedotto da tempo il club più forte del mondo, pronto sacrificare per lui anche qualche gioiello del vivaio. La Roma ha acquistato Pjanic dai francesi per 11 milioni e di sicuro, vista la giovane età, neppure la tanta panchina masticata in questo campionato lo ha svalutato. Dinanzi a un’offerta congrua (una quindicina di milioni), perciò, da Trigoria filtra aria di via libera, anche se solo nella prossima estate. Tra l’altro, dalla Serbia il 17enne talento Jankovic esce alla scoperto: «La Roma mi segue. Insieme al Milan è la mia squadra preferita. Vorrei giocare con Totti». Per il bosniaco addio sicuro, quindi? Diciamo probabile. A meno che un eventuale fallimento di Zeman non porti in panchina un nuovo allenatore innamorato di Pjanic. E credeteci, non è certo una minoranza.

 

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