CORRIERE DELLA SERA – Il «pin» del Giappone («Un popolo che ha una dignità straordinaria, i giapponesi possono esserci d’insegnamento» ) e un fiocco tricolore all’occhiello per ricordare che «siamo comunque sempre in festa» . Cesare Prandelli raduna per la sesta volta la sua Italia e fa l’uomo-sandwich
propagandando idee ed emozioni, anche se poi gli viene da chiosare che «non bisogna sbandierare i propri sentimenti ma dare continuità ai comportamenti» . Il momento storico del nostro calcio è di sostanziale depressione, come ampiamente certificato dalle Coppe europee in cui solo l’Inter ha salvato la pelle («Nelle tre squadre che hanno giocato gli ottavi di Champions c’erano soltanto cinque azzurri» ), e le novità si contano sulle dita di una mano: stavolta, ad esempio, è il turno di Marco Parolo, convocato numero 49 e debuttante numero 25 della gestione prandelliana, però se, con tutto il rispetto, il Cesena che lotta disperatamente contro la retrocessione piazza due suoi calciatori in nazionale (l’altro è Santon), significa che in effetti proprio bene non siamo messi. Dietro l’angolo ci attendono due trasferte-trabocchetto, la prima a Lubiana, delicata assai in chiave Euro 2012, la seconda a Kiev contro l’Ucraina di Andriy Shevchenko, e il nostro c. t. è costretto a rimasticare nomi di retrovia perché a fare sfracelli sono sempre i soliti noti, gente che però, calcisticamente parlando, ha già il massimo dei contributi per la pensione.
Alludiamo ad Alex Del Piero e a Francesco Totti che, dovessimo dare retta ai gol, meriterebbero l’azzurro in pompa magna ma «se devi programmare una squadra non puoi non pensare all’età e questo vale anche per Di Natale e Di Vaio, non solo per Totti e Del Piero» . «Certo— ridacchia Prandelli — se quella contro la Slovenia fosse stata l’ultima partita di qualificazione e avessi avuto necessità assoluta dei tre punti, molto probabilmente avrei chiamato Totti e Del Piero» . Prima ancora di giocarla, la sfida di Lubiana è comunque già passata alla storia del calcio azzurro avendo fatto registrare la prima applicazione del cosiddetto codice etico, quel complesso di regole comportamentali non scritte che inibiscono la nazionale a chi in campo (e fuori) rinnega il bon ton.
Vittime della vena moralizzatrice del c. t. sono Daniele De Rossi, che in Slovenia sarebbe stato uno dei cardini del nostro centrocampo, colpevole di avere rifilato una gomitata al capitano dello Shakhtar (Srna) e sanzionata dall’Uefa con una squalifica di tre turni, e il solito Mario Balotelli il quale, forse per sottolineare l’abilità nelle arti marziali, ha pensato bene di colpire (in campo) tale Popov, difensore della Dinamo Kiev. Verosimilmente irritato per talune frasi giudicate poco opportune, Prandelli non ha telefonato al romanista ma ne ha apprezzato la retromarcia verbale («Mi auguro di tornare presto in azzurro» ). Questo non gli ha comunque impedito di recapitargli un duro avvertimento: «Bisogna vincere cercando di essere corretti e leali, avendo una moralità importante» . Contatto diretto, per contro, con SuperMario. «Mi ha detto: mister, ho bisogno di aiuto, riesco a rovinare tutto quello che faccio. Si è reso conto di avere fatto una stupidaggine ed è molto pentito. Comunque è un ragazzo che teniamo sempre sotto controllo, è un giocatore che ha prospettive» . A scanso di equivoci, il «giudice sportivo» Cesare Prandelli ha chiarito che la squalifica interna sarà di una sola giornata e che pertanto «non è da escludere che in caso di necessità i due possano essere convocati per l’amichevole con l’Ucraina» . Va peraltro precisato che lui (il c. t.) di una necessità del genere farebbe volentieri a meno.