Roma, c’è un divieto di svolta in panchina

Roma, c’è un divieto di svolta in panchina

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IL MESSAGGERO (U. TRANI) – Il tempo, dentro il centro sportivo Fulvio Bernardini, è come se si fosse fermato. Oggi come ieri, la situazione è quella di 2 mesi e mezzo fa, dopo il ko di Bologna: la squadra di nuovo in ritiro punitivo a Trigoria, il metodo più antico per addossare ogni colpa ai giocatori. Ma, come lo scorso 23 settembre, la proprietà Usa non scagiona l’allenatore. Che rischia sul serio e più di prima. Di facciata, dunque, la fiducia, confermata ovviamente per interposta persona. Monchi lo sostiene, tenendolo in piedi. Non si sa fino a quando avrà la forza e il potere di sorreggerlo. Al massimo altri 7 giorni, fino alla partita della verità. Il futuro del tecnico dipende dal prossimo risultato che, a prescindere dal calendario, non è quello di mercoledì a Plzen contro il Viktoria (lo diventerebbe in caso di figuraccia o goleada), avendo Di Francesco già ottenuto il pass per continuare l’avventura in Europa. La sfida decisiva, domenica sera all’Olimpico, contro il Genoa: dentro o fuori, come lo sono già state le altre gare casalinghe. Quelle contro il Frosinone e l’Inter. E, in mezzo, pure il derby. Pallotta ha scaricato Eusebio dopo la sconfitta al Dall’Ara. E, la sera del 27 novembre, non è bastata al presidente la qualificazione agli ottavi di Champions che ha portato, dentro il forziere giallorosso, altri 65 milioni dopo i 100 abbondanti della passata edizione. Il rendimento scadente in campionato ha provocato il suo disgusto che è montato negli ultimi 78 giorni. Bocciato, e non solo a Boston, il percorso fatto fin qui con l’8° posto a 22 punti dalla Juve capolista e soprattutto a 5 dal Milan quarto. La zona Champions, obiettivo dichiarato del club, è già lontana. A incidere i 7 punti nelle ultime 7 partite e i 2 su 15 a disposizione presi contro il Chievo, il Bologna, l’Udinese, la Spal e il Cagliari.

SALA D’ATTESA – Di Francesco, insomma, resta l’allenatore della Roma, ma sa di avere le partite contate. E di non essere più (completamente) padrone del suo destino. Se si accomoderà in panchina anche mercoledì pomeriggio a Plzen contro il Viktoria e domenica sera all’Olimpico contro il Genoa non è certo per merito suo e neppure per grazia ricevuta. Pallotta non ha ancora scelto l’erede. Baldini gli ha messo sul piatto d’argento Paulo Sousa. E, come alternativa, Blanc. Proposto Montella che però non farebbe mai questo sgarbo all’amico. Prima vorrebbe parlarci. Monchi frena su qualsiasi candidatura e prepara l’addio anticipato in caso di esonero dell’attuale tecnico. Decisione, quindi, ancora posticipata. C’è chi sostiene che la proprietà, a questo punto, preferisca prendere di petto il problema solo nel 2019, cioè a gennaio, in coincidenza con l’inizio del nuovo anno e con lo stop del campionato. Il nuovo tecnico arriverebbe durante la pausa e comincerebbe in panchina il girone di ritorno (come accadde a Spalletti quando subentrò a Garcia nel gennaio 2016), magari dopo il rodaggio contro l’Entella nell’ottavo di Coppa Italia. E’ un’ipotesi che nessuno smentisce. Anche perché consentirebbe al presidente e ai suoi collaboratori di valutare più a fondo il profilo del successore di Eusebio. Che, al momento, rimane in stand by. La sua posizione è debole. Ma lo è anche quella della società che, con il nuovo cambio in corsa, certificherebbe l’ennesimo flop, senza tra l’altro poter garantire alla nuova guida, già a gennaio, qualche investimento pesante sul mercato. Ecco perché, nella Capitale più che a Boston e a Londra (o Città del Capo, l’altro buen retiro di Baldini), preferiscono prendere altro tempo.

CONFRONTO ANNUNCIATO – I giocatori, ai quali già a Cagliari si è dedicato pure Totti, hanno preso atto del nuovo ritiro ad oltranza. Di Francesco e Monchi, nella riunione di ieri mattina, hanno ufficializzato la decisione del club. Il ds ha affiancato l’allenatore proprio per dargli forza davanti alla squadra. E confermare di essere ancora dalla parte di Eusebio. Che ha usato parole pesanti e mirate per responsabilizzare il gruppo. Proprio come ha fatto lo spagnolo, poi rimasto a dormire al Bernardini. Pure lui è deluso dal comportamento dei calciatori, presuntuosi e distratti in campo. Spesso anche fuori.

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