CORRIERE DELLO SPORT – Per Lotito passerà alla storia come il derby del laser, per i romanisti, più semplicemente, come il derby di Francesco Totti. Perchè solo uno come il capitano poteva illuminare all’improvviso un derby piatto come uno stagno, nel quale si sono tuffate le due squadre senza grandissima ispirazione. Ma con una differenza netta, evidente: la Roma ha provato a vincerlo, la Lazio ha provato ad aspettare gli eventi, forte magari della migliore classifica. La Roma ha giocato un primo tempo più succoso, anche se non entusiasmante, durante il quale Pizarro ha colpito l’incrocio e Juan si è visto ribattere da Ledesma una palla gol clamorosa; la Lazio ha prodotto solo un tiro cross pericoloso di Hernanes, su cui Floccari è arrivato in netto ritardo. Messa così, sembrava un derby perso, da dimenticare. Sino a quando non si è scatenato il capitano. E’ successo solo a venti minuti dalla fine, ma da quel momento, il derby è diventato vero, si è arroventato, anche troppo.
Totti ha fatto saltare il banco con una punizione dal limite, guadagnata dall’immenso Pizarro. La barriera si è aperta come un melone, il tiro forte ma centrale ha sorpreso Muslera, che si è opposto in modo goffo, facendosi passare il pallone quasi sotto le braccia. Una mezza papera e forse più di mezza, solo che Muslera denuncia di essere stato ipnotizzato non da Totti ma da un laser che qualche imbecille gli ha piazzato in faccia. Che il laser ci fosse, si scopre dopo in tv, che poi gli abbia impedito di parare il siluro di Totti è da dimostrare.
NIENTE RIMONTA – Su quel gol, comunque, la Roma si è esaltata, questa volta niente rimonte. Anzi. Alla Lazio, invece, sono saltati i nervi, Radu ha mollato una testata a Simplicio a gioco fermo, e subito dopo, in occasione del rigore, Ledesma si è fatto cacciare per proteste. Su un contropiede di Taddei, con relativo cross al centro, Brocchi e Biava hanno atterrato Simplicio e Totti dal dischetto ha completato il suo trionfo. Un campione che a 34 anni vince il derby quasi da solo è un prodigio della natura. Già perchè dopo il primo gol, è stato lui a far perdere la testa ai laziali. Si è impadronito del pallone e per guadagnare tempo ha incominciato a congelare la partita all’altezza della bandierina, guadagnando punizioni e corner, sino a quando Radu, colto da frustrazione, ha colpito Simplicio a gioco fermo. Totti ha preso calci e calcioni, ha avuto questa volta il merito di non reagire. L’episodio più riprovevole, cinque minuti dopo l’ 1- 0. All’altezza delle panchine, Matuzalem l’ha buttato giù e poi nel saltarlo gli ha piazzato una scarpa in faccia. Nè Tagliavento, nè il guardalinee a due passi, tantomeno il quarto uomo, se ne sono accorti e da quel momento il derby è diventato un western, nel quale la Roma, forte del vantaggio, è rimasta più lucida, mentre la Lazio è diventata isterica.
CINQUE DI SEGUITO – Laser o non laser, ci sarà pure un motivo se la Roma con questo ne ha vinti cinque di seguito. E magari bisognerà capire anche perchè Reja, così bravo nel costruire una squadra da alta classifica, i derby sinora li ha persi tutti. La Lazio ha una responsabilità chiara, evidente: ha rinunciato a fare la partita, non è stata mai aggressiva, ha preferito fidarsi della sua solida organizzazione difensiva, ha giocato con poca personalità. Voleva vincere o le sarebbe andato bene anche lo 0-0? Questo il sospetto che ha alimentato dall’inizio alla fine. Il suo derby si condensa in un’incornata di Floccari, peraltro finita fuori, da catalogare come palla gol. Per Doni solo routine.
La Roma, pur con i suoi limiti attuali, ha provato a vincere dall’inizio. Meglio della rivale nel primo tempo, con una traversa e una palla gol, meglio ancora nella ripresa con i due gol e una gestione molto più generosa e attenta della partita. Montella ci ha provato subito, mettendo Menez e non Taddei, ma il francesino ha deluso tutti e infatti quando è entrato Taddei le cose sono andate meglio. Sulla sinistra Vucinic ha fatto ammattire Lichtsteiner, ma ha trovato sempre raddoppi puntuali dei laziali. Totti si è mosso a tutto campo, con una freschezza e una vivacità viste raramente in questa stagione. Poi ha piazzato i due ko, cosa che nel derby non gli era riuscita nemmeno quando aveva vent’anni. Il vero architetto di questa Roma, che in quattro partite ha preso dieci punti e ora può tentare di arrampicarsi sul quarto posto, è comunque Pizarro, che ha cambiato faccia alla squadra. Ha timbrato l’incrocio dopo cinque minuti, si è guadagnato la punizione che Totti ha trasformato in vantaggio, ma soprattutto ha diretto le operazioni senza buttare mai la palla, garantendo geometria e armonia agli attacchi, recuperando palloni davanti alla difesa. Totti e Pizarro, dunque. E in più, Montella, che al suo primo derby in panchina, non ha sbagliato una mossa: felici le sue sostituzioni, quanto sbagliate e confuse quelle di Reja. Anche questo conta, alla fine.