Roma mai dire grande

Roma mai dire grande

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IL MESSAGGERO (A. ANGELONI) – Il fatto che Luciano Spalletti abbia analizzato attentamente il filmato di Atalanta-Roma e abbia rimproverato i suoi calciatori e se stesso, è un dato di cronaca e lo lasciamo lì. Ciò che va capito, e non è facile perché tutto questo succede da sempre, è il motivo per cui quando si è lì lì per spiccare il volo, quando c’è bisogno di fare la voce grossa, la Roma si impalla. E non diventa mai definitivamente grande. L’errore diventa ripetitivo. Tornano in ballo questioni caratteriali, ad esempio. La Roma oggi è una squadra che conosce perfettamente le proprie bellezze e ogni volta riscopre i propri limiti. Il fatto che in trasferta non abbia trovato la continuità la dice lunga anche sulla personalità: in casa una Roma macina gol e vittorie, lontano dall’Olimpico balbetta il più delle volte.

FREDDO LONTANO – Un punto nelle prime tre gare esterne (pari a Cagliari, sconfitte a Firenze e Torino) e sette nelle successive quattro (vittorie con Napoli, Sassuolo, pareggio a Empoli e sconfitta a Bergamo). Un ruolino da metà classifica: delle prime otto solo il Toro ha fatto gli stessi punti, ovvero 8. Se allarghiamo la statistica alle prime dieci, peggio della Roma ci sono anche Inter e Chievo con sette punti. Da considerare, però, che i veronesi hanno giocato sei partite in trasferta e non sette. Spalletti vuole che la sua Roma imiti la Juve, magari nella ferocia, quell’ingrediente utile nelle paurose partite esterne, dove la Roma perde ancora troppi punti ingenui. Ci vuole più equilibrio: uscire sconfitti dallo Stadium ci può stare, pareggiare a Empoli no. Ok, ma quel famoso carattere non deve diventare come l’amalgama (Massimino dixit «ditemi dove gioca e io lo compro») da acquistare come un calciatore qualsiasi. Però è chiaro che quel carattere lo portano i calciatori di carattere e forse la Roma – per stessa ammissione di Spalletti – non ne ha moltissimi. Non bisogna tornare indietro a Samuel, che si presentò in conferenza stampa con lo stecchino tra i denti, ma a qualcosa di simile sì. Oltre alla questione caratteriale, va aggiunta pure quella legata alla quantità dei calciatori. Forse qualcuno in più a metà campo servirebbe, anche perché gente caratteriale come Nainggolan, Strootman e De Rossi alla lunga perdono smalto e quindi anche quella muscolarità mentale che serve in momenti complicati. Tutto questo al netto degli errori di valutazione di un allenatore: e molti sono attribuibili a Lucio nella sfida con l’Atalanta.

CONDIZIONE FISICA – Spalletti considera questa la rosa migliore che abbia mai allenato. Forse dice una bugia, come è ovvio per un allenatore che deve difendere i suoi giocatori. Ci sta. Ma qualcosa manca, è evidente. Lucio sta cercando di fare quello che può e per tanti versi sta facendo un ottimo lavoro, ma la squadra dà la sensazione di essere meno continua dello scorso anno. E questo è incredibile, perché Lucio ha fatto meglio nel passato campionato prendendo la Roma in corsa, che in questo. Nelle prime tredici partite di campionato con Spalletti in panchina, la Roma ha totalizzato 30 punti, quest’anno 26. Perdendo solo una volta, a Torino contro la Juventus, nella sua seconda partita alla guida dei giallorossi: pari contro il Verona all’esordio, 0 punti allo Stadium, poi la sua Roma non s’è più fermata, vincendo otto gare consecutive. Ora l’avvio è più stentato in generale: sono già tre le sconfitte e i successi consecutivi sono state al massimo quattro, dall’Inter al Sassuolo.

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