IL ROMANISTA – D. GALLI – Una scommessa che vale un patto. Una scommessa della Roma per la Roma e per i romanisti, per ritinteggiare di rosa il cielo nero di Firenze. Per battere la Juve.
I giocatori l’hanno fatta sul serio, l’hanno fatta dentro lo spogliatoio: scommettiamo che lunedì vinciamo? Non si sa cosa si siano giocati, non si sa nemmeno quando questa scommessa sia stata pensata e quale sia il nome del broker, l’ideatore della giocata che può valere 3 punti, che può portare una ventata d’ottimismo a un ambiente reso triste più dai mugugni esterni che da quelli interni. Però, questo è certo: è stata fatta. La notizia è un vero e proprio antidepressivo per i tifosi della Roma. Sapere (anzi, avere la certezza) che il gruppo è unito e che la sconfitta di Firenze è stata metabolizzata, è una specie di toccasana. È la certezza che la Roma ha ritrovato il sorriso ed è fermamente convinta di poter vincere con la Juve capolista. L’armonia non è un’invenzione dei giornali, l’armonia si respira per davvero a Trigoria. Succede anche grazie a qualcosa che non era dovuto, che non stava scritto sui manuali del bon ton del bravo calciatore, perché chi sbaglia non sempre ammette gli errori. Bojan, sì. Che avesse scritto una lettera a Repubblica per scusarsi di aver gettato a terra la maglia della Roma, era di dominio pubblico. Che avesse chiesto scusa ai compagni, no. È capitato pure questo di bello. Come la scommessa. Bojan ha chinato la testa, ha spiegato che non voleva mancare di rispetto a nessuno.
La Roma è stata una scelta di vita. L’ha preferita a soluzioni dal blasone maggiorato, magari più comode e sicuramente economicamente più vantaggiose. Ha sbagliato, ma perché a 20 è normale sbagliare. Ha sbagliato, perché la maglia della Roma vale più di tutti i giocatori messi insieme che l’hanno indossata dal ’27 a oggi. Ha sbagliato, ma poi ha strillato perdono. Pubblicamente e privatamente, fuori e dentro lo spogliatoio. Un romanista fa così. Gesti come la scommessa e le scuse di Bojan danno il senso della cosa: la squadra è carica, concentrata, incazzata. Un mix micidiale. E poi ci sono quei dettagli che contano, che se non fossero annotati su una pagina di giornale rischierebbero di finire nell’oblio, specie in una città come Roma che ama autoalimentarsi di pessimismo cosmico. Per esempio, l’allenamento di oggi. Beh, si terrà alle 10.30. Al mattino. Era una delle richieste dei giocatori a Luis Enrique. Allenarsi dopo pranzo, dicono, non è il massimo soprattutto per il rendimento. A Trigoria smentiscono che dietro questo cambio di orario ci sia una concessione dell’allenatore. Il motivo vero, dicono, è che oggi è l’8 dicembre. È l’Immacolata. È festa. Si lavora, poi il via libera verso fidanzate e famiglie. I prossimi giorni si tornerà a sgobbare di pomeriggio. Ma se è una casualità, è decisamente positiva. Magari è il primo mattone del castello del compromesso. Si è ristabilito un contatto proficuo tra allenatore e squadra. O forse non si è mai perso. Quello che si era perso certamente era l’ottimismo. Adesso è tornato pure quello. Ci scommettiamo?
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