IL MESSAGGERO – M. FERRETTI – Camicia a quadretti, smanicato imbottito e sorriso accattivante. Ecco James Pallotta, il presidente della Roma, nella prima (e non annunciata) conferenza-stampa italiana (nulla a che vedere con la faraonica presentazione di Thomas DiBenedetto). Alla sua destra Italo Zanzi, il neo global Ceo, il capo di tutti i direttori di Trigoria, «è una prima scelta, sarà il mio rappresentante qui dato che io, per fortuna o purtroppo, non potrò essere sempre a Roma», il virgolettato del bostoniano.
Lo sviluppo della società, lo stadio e anche De Rossi (unico giocatore citato) al centro della chiacchierata presidenziale. «Per il prossimo anno abbiamo una serie di obiettivi, il primo dei quali riguarda la volontà di costruire una squadra in grado di competere per la Champions League almeno per i prossimi dieci anni. E, di pari passo, rendere il nostro marchio sempre più forte. Io ho voluto investire nella Roma per le mie radici ma soprattutto perché ero e sono convinto che il brand Roma sia il più sottosviluppato e sottostimato al mondo. É chiaro, però, che per avere un brand forte c’è bisogno dei risultati della squadra. Oggi più che mai, comunque, sono certo di aver fatto la scelta giusta».
Serve una Roma vincente sul campo, insomma. «Saremmo delusi, dispiaciuti se non dovessimo centrare quest’anno la Champions, ma lo stesso discorso vale per il prossimo anno, per quello successivo e così via. Siamo ancora in piena corsa per entrare in Europa: la squadra è giovane, sta migliorando e lo ha fatto vedere nelle ultime quattro, cinque partite – anche in quella di Verona – nelle quali ha espresso sprazzi di grande gioco. Non dobbiamo dimenticare che abbiamo messo in piedi un progetto pluriennale e siamo soltanto all’inizio: sono passati appena sei mesi da quando sono al comando del club. Non sono soddisfatto di quanto fatto finora. Non mi conoscete abbastanza, ma io non mi accontento mai. Sarò pienamente soddisfatto solo quando raggiungeremo tutti gli obiettivi. Stiamo lavorando per vincere lo scudetto, siamo sulla strada giusta: mi piacerebbe riuscirci nei prossimi cinque anni, come accaduto ai Boston Celtics».
Poi, una assicurazione legata alla presenza o meno in Champions. «Non stravolgeremo i nostri programmi in termini di investimenti e faremo tutto il necessario per allestire una squadra competitiva. Non sono qui per divertirmi e neppure per farmi prendere a calci in testa ogni settimana dai media se le cose vanno male… Noi vogliamo continuare a crescere dentro e fuori il campo e, fin quando ci sarò io, sarà così». Magari attraverso la costruzione di uno stadio di proprietà. «Ci stiamo lavorando da tanto tempo e mi sarebbe piaciuto annunciare oggi la location, purtroppo non siamo così avanti. Contiamo di costruirlo nei prossimi cinque anni, magari un po’ prima, indipendentemente dagli sviluppi legislativi della faccenda». Finalino di natura puramente sportiva: De Rossi. «Nonostante quello che è stato detto e scritto, non abbiamo intenzione di venderlo, Baldini può confermarlo (confermato, ndr). Non abbiamo chiamato nessuno e non abbiamo ricevuto telefonate per cederlo. Ho trovato divertente leggere tutti i nomi delle squadre a cui lo avremmo ceduto. Si tratta di speculazioni e basta…».