Il Tempo (G.Giubilo) – Non è una data che il tifoso giallorosso possa dimenticare, quel 17 giugno che avrebbe segnato l’ultimo trionfo tricolore di una Roma che da quel momento lo scudetto avrebbe cominciato soltanto a sognarlo. Risultati di grande rilevanza, con quei secondi posti illustrati da numeri da primato, ma la vetta apparteneva ad altri. A cominciare da quella Juventus, che avrebbe conquistato il record dei trionfi consecutivi, tuttora saldamente nelle sue mani, diventate ferocemente rapaci. Quella Roma era stata costruita per riprendersi una posizione di assoluto prestigio, detenuta per tempi ritenuti troppo brevi per una tifoseria precipitata nel malumore. Franco Sensi, mai realmente amato dalla frangia più estrema del tifo, c’aveva messo tanta buona volontà per recuperare le posizioni perdute e trovare cure adeguate alla ferita aperta dalla vittoria del campionato da parte dei rivali laziali. Il presidente sentiva bruciare sulla sua pelle quello scudetto che i cugini avevano appena riportato nella Capitale. Nel cuore dei tifosi, Franco Sensi aveva raccolto un’eredità molto pesante, quella lasciata da Dino Viola, un presidente il cui nome sarebbe rimasto scolpito in modo indelebile nella memoria di tutti i romanisti. Avrebbe conosciuto, la Roma, parentesi amarissime, toccando il fondo quando la proprietà finì nelle mani di Ciarrapico, un nome che i tifosi non avrebbero mai dimenticato e non certamente per affetto. Con l’arrivo di Sensi, ripresero corpo anche le grandi ambizioni da troppo tempo accantonate. Grandi premesse, a partire da una serie di acquisti che tuttavia nei primi anni di gestione non portarono i frutti sperati. Un’opera di ricostruzione ricca di ostacoli, per Franco Sensi e la nuova dirigenza, fatti oggetto di una contestazione volgare e violenta, fino agli estremismi dell’attacco fisico contro i giocatori. Non avrebbe badato a spese, la Roma, per ritrovare il consenso del tifo.