Ce lo ricorda ogni eliminazione: in Europa facciamo fatica. Rispetto a inglesi, tedeschi o spagnoli, i nostri sembrano appesantiti e imballati. E più esposti al rischio di infortuni muscolari. I numeri parlano chiaro: nelle due ultime stagioni, la Serie A ha registrato oltre 100 incidenti di questo tipo in più rispetto a Premier e Bundesliga. Alla data del 24 marzo, in questa stagione la A ha fatto registrare 757 infortuni su un totale di 557 giocatori impiegati, a fronte dei 652 in Premier (515 giocatori scesi in campo) e dei 596 in Bundesliga (523 giocatori). Come riporta la Gazzetta dello Sport, gli incidenti muscolari sono stati 372 in Italia, il 49% del totale; 273 in Inghilterra, il 41,8%; 232 in Germania, quasi il 39%.
Stefano Fiorini, ex presidente dell’associazione preparatori, oggi confluita in quella degli allenatori. «In Italia siamo in ritardo rispetto alla distinzione tra allenamento vero e proprio e benessere del calciatore. Sono due cose diverse e non possono più essere gestite con un lavoro di gruppo, che deve riguardare la tecnica e la tattica». Perché in Europa si corre di più? «Il nostro calcio è troppo tattico e la tattica inibisce, non promuove. Le nostre squadre sono frenate. Si provano movimenti e schemi a velocità ridotta perché è un continuo fermarsi, correggere, ripartire: ma in questo modo non hai il ritmo partita. «È anche un fatto di possibilità economiche», dice Stefano Rapetti, ex preparatore dell’Inter del Triplete e dello United di Mourinho. «I club inglesi destinano il 10 per cento del fatturato allo sviluppo scientifico e tecnologico. Hanno strumenti costosissimi per lo screening del corpo. Un esempio? Il NordBord misura la forza della catena posteriore della coscia. In Italia ce l’hanno solo Milan, Juve e Roma. Forse l’Inter».