IL MESSAGGERO (R. Renga) – Mister Di Benedetto si è materializzato. Non è più una foto sbiadita o un nome misterioso. L’abbiamo visto, quasi toccato con mano. C’è e diventerà il prossimo presidente della Roma. Che giunga da Boston, piuttosto che dai Parioli (Viola) o dall’Aurelio (Sensi) rende la vicenda unica nel suo genere. Svolta epocale, potremmo dire se amassimo l’eccesso. Uno straniero nel nostro calcio. Un americano che in compagnia di altri americani investe nel nostro paese: da non crederci. Sta succedendo, invece, e l’avventura conta per Roma e per l’Italia. La notizia è di quelle che vanno in controtendenza e come tale va trattata. Con curiosità, se volete anche ovvia, e con speranza: la speranza che la squadra che porta il nome della capitale possa prima imporsi tra i confini e poi superarli.
Di Benedetto ha l’aspetto solido dell’americano che ama gli affari e la vita all’aperto, il barbecue e la coca cola. Ha poco di italiano, pur essendo di origine abruzzese. Non ha la carnagione scura, i capelli ricci, i baffi e non parla come i paisà di Brooklyn. A Trigoria non troverà macerie, ma un impianto elegante e funzionale; dirigenti abituati a battere ogni mare e perfetti conoscitori di venti, correnti e bassi fondali; giocatori che in teoria erano degni del titolo italiano. Ha già fatto capire una cosa: viene, come tutti gli americani, per amore di avventura e di business. L’una e l’altro sembrano garantiti: qui è tutto un romanzo western e il lassismo dirigenziale italiano regala praterie a chi offre idee e progetti.
I tifosi si aspettano molto, come tutti i tifosi del mondo, da Durban a Boston. Ma ai tifosi della Roma le cose vanno dette chiaramente, subito, senza mezze parole o punti interrogativi. Per esempio: quanto vogliono spendere, come investiranno, quali sono i programmi, gli obbiettivi a immediata e lunga scadenza. Sia “sincerità” la parola più usata. E una cosa gli va spiegata: la Roma, nella sua storia, non ha vinto molto, essendo partita in ritardo rispetto alle rivali nordiste. Ma ha avuto due grandi presidenti e due periodi d’oro, prima con Viola e poi con Sensi, di cui si sta per chiudere l’era. E’ questo il punto di partenza.
Al prossimo presidente chiederanno subito di calcio mercato. Per quel che serve, possiamo anticipargli quanto segue: Buffon vorrebbe venire, ma dovrà abbassare le pretese; vanno cercati due stopper (Lugano e Bovo…), essendo Mexes del Milan e Burdissino del Catania. Servono terzini che sappiano giocare basso e alto: ce ne sono a parametro zero. Sia Daniele De Rossi a decidere il suo futuro: merita un trattamento di riguardo. Se va via, tenga presente questi nomi: Essien e Diarra. Borriello va riscattato, Totti incoronato. Vucinic e Menez facciano sapere. Se, per caso, dovessero partire i portieri, De Rossi, Menez e Vucinic, aggiungendo una trentina di milioni (il contributo che verrebbe chiesto ai nuovi proprietari), si potrebbe modificare la Roma e aggiungere un Sanchez, che per soldi si porta via. Una Roma con Montella in panchina e, ci pare, da primato. Che potrebbe convivere con una profonda riforma culturale e tecnica: gioco offensivo e spazio ai giovani.
Di stadio e merchandising si parlerà molto e imparerà presto a conoscere quali e quanti problemi comportino. Buona permanenza.