IL ROMANISTA (C. ZUCCHELLI) – Senza retorica: chi tifa Roma non perde mai. Meno che mai ieri sera. Perché se mentre Montella parla in conferenza stampa 300 tifosi lasciano lo stadio cantando (ore 23.15) non può che essere così. Loro questa fase non la supereranno mai. Anche adesso che la Roma fa di tutto per non farsi amare. Ci aveva provato la Curva Sud a essere quella marcia in più per spingere la squadra verso l’ultimo traguardo ancora possibile: era stata, tanto per cambiare, l’unico settore pieno di tutto l’Olimpico. Aveva preparato una coreografia con cartoncini bianchi, rossi e gialli. Senza scritte, solo bandiere. Vecchie maniere, loro della Sud. Che espongono soltanto lo striscione “no fax” perché al calcio moderno si dice no. Non fosse altro perché il calcio moderno fa sì che in una semifinale di Coppa Italia ci siano appena 23mila presenze allo stadio: Nord vuota, Tevere con ampi buchi, Monte Mario neanche a parlarne. Un’ora prima della partita lo stadio offre uno spettacolo tristissimo. Entra Prandelli prima, poi Totti e Candela, infine il ministro La Russa.
Parte Roma, Roma, Roma, si capisce che la Sud ha pronta la coreografia ma durante l’inno a farla da padrone sono solo sciarpe e bandiere. I cartoncini vengono mostrati all’ingresso in campo delle squadre: la Roma ha bisogno di aiuto, la Sud c’è. E canta dal primo all’ultimo minuto, non si risparmia mai, anche quando il gol di Stankovic sembra togliere qualsiasi forza. Il secondo tempo è quasi un’agonia, la Roma tiene palla ma non punge, Julio Cesar è spettatore non pagante e allora spazio all’ironia: quando Doni blocca in area un cross facile facile piovono applausi. Qualcuno ride, qualcun altro si arrabbia ancora di più. La Sud continua imperterrita a cantare, qualche fischio si sente quando Vucinic tocca palla ma il montenegrino è più che altro ignorato. Si tifa la maglia. Si ama la maglia. E basta. Ecco perché quando Rizzoli pone fine allo strazio, per un minuto piovono fischi assordanti. Poi, mentre il resto dello stadio si svuota (e qualche seggiolino va a fuoco), la Curva rimane piena nella parte centrale. “Usciamo quando ci pare”, cantano i tifosi sventolando bandiere e sciarpe. Lo fanno per quasi mezzora. Con amore (tanto tanto), passione e orgoglio. Chi va in campo prenda esempio. E anche in fretta. Anche perché chi va in campo continua a perdere, mentre, assolutamente senza retorica, chi tifa Roma non perde mai.