LA REPUBBLICA (M. PINCI/E. SISTI) – Ripulire Trigoria. Pare questo, prima ancora dell’anticipo di stasera col Sassuolo a Reggio Emilia, l’obiettivo di Spalletti, che si muove volutamente come un elefante nell’inutile cristalleria di privilegi e approssimazioni che ha rilevato in corsa, un negozio in perdita, specializzato in oggetti costosi per clienti viziati. Il tecnico va a caccia del «topino» che infesta l’ufficio («ma ci sta che prima o poi lo piglio») e si scaglia contro le viete abitudini sportive che hanno trasformato la sede sociale in un country club. Un’entrata a gamba tesa prolungata e talmente netta da far sospettare che sia stata ispirata direttamente dal presidente Pallotta, e a prescindere dai dirigenti, quasi sapesse che Sabatini e Baldissoni saluteranno in estate. Ai calciatori (ieri è arrivato Perotti) non fa sconti, e se vogliamo nemmeno a chi l’ha preceduto: «Serve avere la testa dentro il nostro lavoro, a Roma non si può abbinare altro alla nostra vita». Come a dire tante cose insieme. Come a dire che ci si è allenati male e che per questo da adesso in poi ogni distrazione verrà bandita e stoppata sul nascere ogni lagna, ossia le proteste di chi gioca meno o esce prima: «Ai ragazzi ho dato un foglietto e ho chiesto di fare la formazione. Tutti hanno messo 11 giocatori: vuol dire che io non posso usarne di più. Eppure c’è quello che esce e brontola, quello che è in panchina e fa il visuccio…».
In principio fu Florenzi a Torino («Ale devi stare zitto!»). Oggi gli obiettivi sembrano Dzeko che uscendo contro il Frosinone non gli ha stretto la mano (è infortunato, oggi non ci sarà) e il Totti musone (pure lui dolorante, ma è convocato). E nel mirino finiscono anche mercato («che abbiamo già chiuso, più di questo non possiamo fare») e sanitari («servono medici da Roma»). L’emergenza è una rosa sfibrata da ripetuti malanni che inglobano sempre più giocatori (e nessuno guarisce) e dal protrarsi dell’assenza di Strootman che Spalletti nomina continuamente (ieri per la lista Uefa), come a invocare il massimo a fronte di un minimo, come a ricordare di cosa parliamo quando parliamo di calciatori che fanno la differenza. A tutto questo va aggiunta la voglia di riscatto del Sassuolo di Di Francesco («sta facendo un lavoro straordinario ma lo si sapeva, già quando era team manager da noi cambiava la formazione che gli davo…»), reduce dall’inattesa sconfitta interna col Bologna (l’ultima a vincere al Mapei era stata proprio la Roma lo scorso anno) e da una sola vittoria in sette partite. In fondo Spalletti è a quattro punti dal terzo posto. Si può ancora. Ma la verità è che in questo momento Luciano 2.0 non sa bene dove guardare. O cosa sperare senza passare per folle. Anche col Frosinone i suoi hanno avuti momenti di balbettamento, parevano esangui. «Voglia e gambe». Due parole per indicare una sola medicina e una sola direzione: ragazzi, non è il momento di divertirsi, lavorate