Alla fine risulteremo anche monotoni. Mettere sul patibolo prima uno, poi un altro e poi un altro ancora, polemizzare, illudersi di una rinascita, credere in qualcosa di grandissimo e poi di nuovo, come un fiume in piena, colpe, accuse e delusioni. E ci ritroviamo al punto di partenza. Ogni estate a fissare la data del prossimo scudetto e ogni inverno a programmare la prossima stagione perché quella in corso è già da buttare. Le umiliazioni non sono mai troppe, le delusioni neanche. Perché ogni volta che si fa qualche cambiamento siamo di nuovo pronti a crederci; dopo quasi 90 anni è arrivato il Messia pronto a cambiare il corso della nostra storia. Arriva da soldato, lo trasformiamo in re e lo cacciamo da traditore. È un ciclo, come quello delle stagioni. Non sai il giorno preciso in cui avverrà, ma sai che prima o poi capiterà. Probabilmente sarà anche un po’ colpa nostra, che non riusciamo a comprendere il valore di tutti quegli schiaffi presi, ma cosa possiamo farci se abbiamo una passione tanto grande da farci chiudere gli occhi?
Ci è rimasta solo la speranza, come sempre, come ieri. Giochi in casa contro l’Atalanta, e il giorno dopo c’è lo scontro diretto tra Napoli e Inter. Impossibile non pensare a un’occasione ghiottissima per rosicchiare punti a una delle due, o magari a entrambe. E invece no. Un’altra occasione sprecata. Un’altra volta a uscire dallo stadio pieni di rabbia, entrando con la felicità di passare una bellissima giornata di novembre, e andandosene pensando che anche il dicembre che sta per arrivare sarà ancor più pieno di dubbi, di incertezze e di malumori. Ma questa volta noi non c’entriamo niente. La colpa è solo di chi va in campo. Ci avevano promesso grinta, cattiveria; «vedrete dei combattenti» avevano detto. E li abbiamo visti, ma con la maglia degli ospiti, che ancora una volta ci hanno imbrigliato e impostato una partita di alto livello. Sono da bocciare e rimandare tutti perché ognuno ha voluto risolvere la partita da solo, come se si stesse giocando una partita all’oratorio della Chiesa e perdere sarebbe una brutta ferita per mezz’ora o poco più. Abbiamo visto difensori che si avventuravano in dribbling, centravanti giocare sull’esterno, ed esterni girovagare senza mai veramente riuscire a delimitare la propria porzione di campo. È stato un completo disastro , sotto tutti i punti di vista. E il problema maggiore è che non si sa da dove ripartire. Le falle sono tante, metodi per colmarle quasi nessuno. Cambiare tecnico, cambiare giocatori, cambiare modulo: tante proposte, ma di concreto c’è poco, E allora che facciamo? Niente. Solo sperare. Perché è l’unica cosa che davvero ci appartiene, l’unica che non potranno mai toglierci. “La speranza è una cosa buona, forse la miglior delle cose, e le cose buone non muoiono mai”.