Il progetto dello stadio della Roma a Tor di Valle finisce definitivamente su un binario morto. Così ha deciso la giunta Raggi, votando la revoca dell’interesse pubblico per l’opera approvato in consiglio comunale nel 2014, quando il sindaco era Ignazio Marino, e confermato nel 2017.
Il passaggio di ieri serve a chiudere una partita iniziata nel 2012 e a dare seguito all’intenzione di Dan e Ryan Friedkin, proprietari del club giallorosso, di abbandonare l’iter per la realizzazione della nuova casa dei romanisti sui terreni che ospitano i resti dell’ex Ippodromo.
Si chiudono quindi con un nulla di fatto 9 anni di riunioni, di conferenze dei servizi e di scambi di note tra il Campidoglio e i proponenti, un tempo partner e ora più che mai distanti. Tra As Roma ed Eurnova, società di Luca Parnasi sul punto di cedere terreni e progetto alla Cpi di Vitek, non corre buon sangue. Da quando il club si è tirato indietro si parla di possibili cause milionarie. Lo sanno bene a palazzo Senatorio, dove ieri la tensione era massima.
Si parte con le modifiche all’atto richieste dal segretariato generale prima di apporre il proprio visto su un documento considerato “pericoloso”. C’è l’andirivieni della sindaca Virginia Raggi e degli assessori, quasi una gara a sfilarsi. Gianni Lemmetti, assessore al Bilancio, non c’è.
In tanti, il titolare del Commercio Andrea Coia in testa, hanno dubbi. La giunta si apre al mattino, viene sospesa, riconvocata nel tardo pomeriggio. D’altronde in Comune si teme il peggio: “Per mantenere i rapporti con la Roma — si mormora per i corridoi di palazzo Senatorio — ci stiamo assicurando una causa milionaria con Eurnova“. Alla fine, però, arriva il voto. Addio a Tor di Valle. L’amministrazione capitolina, come si legge nella delibera che ripercorre l’intera travagliatissima vicenda amministrativa, prende atto “del mutamento dello scenario, della situazione di fatto e di diritto venutasi a verificare” in seguito al passo indietro della Roma. Una novità non prevedibile quando venne votata la dichiarazione di pubblico interesse.
Fonte La Repubblica