IL TEMPO (F. MAGLIARO) – Il parere «non favorevole» al progetto dello Stadio della Roma di Tor di Valle potrebbe trasformarsi in un enorme boomerang sia tecnico che politico per l’assessore grillino all’Urbanistica della Capitale, Paolo Berdini. Al di là dei possibili accordi politici da trovare in Campidoglio nella riunione di oggi – e ai quali i tifosi credono sempre meno vista la doppia faccia dello stesso Berdini testimoniata dalle sue ormai reiterate e incontenibili sortite mediatiche – la questione potrebbe anche approdare rapidamente in un’aula di tribunale. Per l’esattezza al Tar. Andiamo per ordine. Il problema è sottile e giuridicamente complesso. In primo luogo, la norma che regola il funzionamento della conferenza di servizi (legge 241/90 modificata con la riforma Madia del luglio 2016) prevede che esistano solo due tipi di parere: di assenso o di dissenso. E già la semplice indicazione di «non idoneo» e «non favorevole» viola la legge. In seconda battuta, la legge stabilisce che le determinazioni delle Amministrazioni siano «congruamente motivate», vale a dire «espresse in modo chiaro e analitico» e con la specifica se il vincolo deriva «da una disposizione normativa o da un atto amministrativo generale ovvero discrezionalmente apposte per la migliore tutela dell’interesse pubblico». E il parere unico espresso dal Campidoglio di fatto non riporta nessuna di queste specifiche. Anzi: si tratta di un parere espresso in forma vaga e generica e, in alcuni casi, come quello della valorizzazione della tribuna dell’Ippodromo, anche in violazione della stessa delibera di Pubblico interesse che esclude l’ippodromo dalle opere da tutelare.
Va, poi, aggiunto che il rilievo di maggior peso contenuto nel parere unico del Comune, quello relativo alla tenuta idraulica dell’area, potrebbe (e dovrebbe, secondo quanto trapela) essere superato proprio dalla lettera dell’Autorità di Bacino che, di fatto, smonta pezzo per pezzo questa opposizione indicando nell’intero progetto dello Stadio con tutte le sue opere di mitigazione idraulica un elemento risolutivo del problema in modo definitivo. Insomma, lo Stadio e le sue opere risolverebbero definitivamente qualunque rischio idraulico della zona, compreso il Fosso del Vallerano, tutte opere che il Comune avrebbe dovuto fare da decenni, che non ha mai fatto e che invece si completerebbero con la costruzione della casa giallorossa. Tanto che, nei giorni scorsi, secondo quanto trapelato, il Comune avrebbe indirizzato una lettera all’Autorità di Bacino proprio per chiedere di rivedere questo parere positivo e trasformarlo in negativo al fine di poter procedere alla bocciatura dell’opera. Inattesa, quindi, che l’Autorità depositi formalmente il suo parere, rimarrebbero aperte due strade. La prima, che prende le mosse proprio dalla legge sulla Conferenza di Servizi. La seconda, che porta dritti al Tar. Per semplificare: la Conferenza potrebbe sia correggere d’ufficio il parere comunale ritenendolo di assenso con prescrizioni (come in realtà è nei fatti) e, quindi, con una definizione sbagliata frutto di un errore materiale, oppure potrebbe addirittura arrivare a considerarlo formato contro la legge e quindi, trasformarlo in assenso incondizionato.
Ovviamente questi sono passaggi che determinerebbero ripercussioni politiche serissime nei rapporti fra Regione e Comune ma che porterebbero Zingaretti e Civita nell’Olimpo dei tifosi giallorossi. La seconda possibilità, invece, è che la Conferenza si concluda accogliendo la negatività del parere comunale e quindi esprimendo un «no» al progetto. No che potrebbe essere impugnato al Tar dai proponenti (voci di corridoio parlano di avvocati già all’opera) che punterebbero sia sull’incongruenza logica di pareri favorevoli con prescrizioni trasformati in un «no», sulla tempistica sbagliata e sulla violazione del principio della leale collaborazione, visto il palese «sgarbo» fatto dal Comune in questa vicenda. E anche le parole di Berdini («l’hanno preso sui denti») potrebbero essere usate per dimostrare la doppia faccia del Campidoglio che di giorno, come Penelope, tesse la tela del sì e di notte la smonta. E se il Tar accogliesse il ricorso, si aprirebbe di nuovo la voragine del risarcimento danni. Oltre che le responsabilità «dell’amministrazione, nonché quelle dei singoli dipendenti».