IL TEMPO (F. M. MAGLIARO) – Una relazione che, teoricamente, non sposta nulla. Quella del Politecnico di Torino è una consulenza che il sindaco di Roma, Virginia Raggi, ha richiesto dopo la pubblicazione delle intercettazioni in cui Luca Parnasi e i suoi collaboratori sceglievano di non parlare dei problemi di traffico dovuto al taglio delle opere pubbliche di viabilità deciso proprio dall’Amministrazione Raggi per poter ottenere il taglio delle tre Torri di Libeskind. Però, e una relazione che, da un punto di vista strettamente normativo, non sposta nulla: e al di fuori della procedura, dopo la conclusione della Conferenza di Servizi e completamente svincolata dai paletti del pubblico interesse. Politicamente, però, il problema è molto più serio e non può essere liquidato semplicemente con un’alzata di spalle. Perché questa relazione pesa come un macigno: l’intera architettura del progetto così come voluta dall’Amministrazione 5stelle è insostenibile da un punto di vista di viabilità. Nessuno aveva chiesto questo controllo ulteriore – nonostante Il Tempo avesse più volte segnalato l’incongruenza e l’insostenibilità delle scelte della Raggi – ma, una volta fatto sarà difficile ignorarlo politicamente. Anche perchè la variante e la convenzione urbanistica devono passare il vaglio dell’ Assemblea Capitolina dove la Raggi potrebbe non avere il numero legale: 5/7 consiglieri, infatti, sarebbero pronti ad assenze strategiche se non adeguatamente convinti. E quanto scritto dal Politecnico, c’è da scommetterci, non è esattamente un buon viatico.
Quindi, la questione spinosa che ha dettato banco nella riunione di tre sere fa fra la Raggi, i suoi assessori Montuori (Urbanistica) e Meleo (Trasporti), più il direttore generale del Campidoglio, Giampaoletti, e i tecnici degli uffici, era nel tentativo di trovare una via d’ uscita. E mantenere il riserbo sul testo di Torino. E non è che alla Raggi siano rimaste poi tante strade. La prima, sperare di convincere il professor Della Chiara, autore dell’analisi del Politecnico, ad ammorbidire la relazione finale. Ipotesi strana, visto il tono usato: non sono sfumature di grigio ma qui è tutto dipinto di nero. La seconda, limitarsi a ignorare un atto che giuridicamente non ha valore. Ma poi risponderne in Corte dei Conti, avendo speso 30mila euro di soldi pubblici. La terza, improponibile, ricominciare da capo e reinserire le opere pubbliche tagliate (Ponte di Traiano). Ma Pallotta potrebbe non prendere troppo bene questa nuova perdita di tempo. L’ultima: ripercorrere la strada di Luca Lotti e Graziano Delrio e cioè preparare un accordo quadro con il Governo per il finanziamento di opere pubbliche, compreso il Ponte di Traiano, da far pagare a tutta Italia.