Due le certezze sulla nuova area per lo stadio della Roma: la destinazione d’uso deve prevedere la realizzazione di impianti sportivi, in modo che non sia necessario modificare il piano regolatore, e non necessiti di interventi infrastrutturali che farebbero impennare i costi. L’idea è di uno stadio semplice e con costi ragionevoli. Su queste idee la prossima settimana si parlerà nell’incontro in programma tra la Roma – ci saranno il presidente Dan Friekdin, Fienga e Scalera – e il Campidoglio. Appuntamento non ancora ufficializzato e che potrebbe essere anche anticipato a mercoledì.
Come scrive la Repubblica, restano poche soluzioni (l’intenzione della Roma è anche evitare di incaricare società esterne per l’individuazione dei terreni). La più affascinante porta all’area del Gazometro: terreni di proprietà di Eni, a ridosso di due fermate della metro, pienamente inseriti nel tessuto urbano e ammiccanti alla storia del club, visto che l’area dà le spalle a Testaccio. Sarebbe sufficiente per un impianto da 40-45 mila spettatori: il più alto dei gazometri è vincolato, ma realizzare un impianto su quei terreni permetterebbe di riqualificare un’area degradata.
Non è passato inosservato il riferimento della società a voler dialogare per il futuro anche con “le Università di Roma”. Un evidente riferimento a Tor Vergata e ai terreni di Caltagirone, con cui gli uomini di Friedkin hanno avuto più di un appuntamento nei mesi scorsi.
Subito dietro, resta la suggestione Flaminio, che presenta molte controindicazioni, dalla necropoli scoperta nel sottosuolo ai vincoli paesaggistici che impedirebbero una copertura. Intanto Eurnova, la società di Parnasi, è pronta a far causa alla Roma. Ma il proposito non preoccupa particolarmente Trigoria, non fosse altro perché il terreno non è più nella disponibilità del proponente, che quindi non potrebbe neanche firmare la convenzione urbanistica.